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La maratona azzurra esce dal letargo

Dopo l’indimenticabile exploit di Stefano Baldini, oro ai Giochi di Atene 2004, la maratona azzurra sembrava entrata in un lungo letargo. A farla resuscitare, dopo dieci anni, ci hanno pensato Valeria Straneo e Daniele Meucci, rispettivamente argento e oro agli Europei di Zurigo, sulla scia dell’altrettanto splendido oro dell’italo-cubana Libania Grenot sui 400 metri in pista.

La Straneo si è tolta la sua più bella soddisfazione in carriera a trentotto anni dopo che l’asportazione di un rene, anziché menomarla, sembrerebbe averle donato nuova linfa vitale. La più bella sorpresa comunque è arrivata da Daniele Meucci, già brillante fondista e mezzofondista in pista, mai abbandonata, che, alla sua terza maratona, ha limato di oltre un minuto il suo personale, conseguito a New York nel 2013, portandolo a 2h11’08”.

 

Ventinove anni, due figli piccoli, Daniele non assomiglia a nessuno dei grandi maratoneti che l’hanno preceduto. Perfezionista negli allenamenti, ama correre in piscina e in mare aperto, forse per deformazione professionale (studia per conseguire il dottorato di ricerca in “sistemi subacquei” presso la facoltà d’Ingegneria dell’Università di Pisa). Quello che forse non ti aspetti è il lato scaramantico, che lo ha portato a indossare il pettorale “666” per le sensazioni positive che già gli aveva regalato in pista. Secondo il Libro dell’Apocalisse, è il numero del diavolo. Se questi sono i risultati, il suo coach, l’onnipresente e ora giustamente entusiasta Gigliotti, già “padre spirituale” del mitico Gelindo Bordin, è avvisato: proibita qualsiasi forma di esorcismo…

 

 

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