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Addio, Cesarone

Le nuove generazioni lo conoscevano soprattutto come il padre di Paolo, qualcuna un po’ più passata come Commissario Tecnico della Nazionale e della prima Under 21 vincente, pochi hanno memoria del fatto che Cesare Maldini, per tutti Cesarone, è stato anche un pilastro, come calciatore, di quel Milan costruito da Nereo Rocco e che fece incetta di allori nazionali e internazionali in Italia, Europa e nel mondo.

Nato nella lontana Trieste, proprio come il Paron, ma milanese di adozione, difensore arcigno, inizia la sua carriera nella Triestina ma si trasferisce presto nel Milan, dove svolge quasi tutta la sua carriera, prima di chiudere nel Torino.

Leader di tutto il reparto arretrato in una squadra dove abbondavano uomini di personalità, come il portiere Giorgio Ghezzi, i centrocampisti Dino Sani e Giovanni Trapattoni, l’attaccante Josè Altafini ma soprattutto il grande Gianni Rivera, Maldini ha avuto l’onore di alzare la prima Coppa de Campioni conquistata da una squadra italiana, nel 1963 nello scenario del mitico “Wembley”, dopo aver battuto il Benfica della Pantera Nera Eusebio.

Vincerà, con la casacca rosso nera, pure quattro scudetti, disputando con al Nazionale anche lo sfortunato mondiale in Cile nel 1962. Chiusa la carriera di giocatore inizia quella di allenatore, prima come vice di Rocco al Milan, poi allenando Foggia Ternana e Parma prima di passare nei quadri federali. Qui inizialmente ricoprì dapprima l’incarico di vice di Enzo Bearzot contribuendo a vincere il titolo a Spagna 1982, poi come selezionatore dell’Under 21 portando in bacheca tre titoli consecutivo tra il 1992 e il 1996.

Chiamato a ricostruire le sorti della Nazionale maggiore dopo il flop inglese di Euro 1996 e a normalizzare la guida azzurra dopo l’”utopia” di Arrigo Sacchi, Maldini ritornò sui vecchi canoni italiani con un calcio anche ruspante, guidando gli Azzurri al dignitoso mondiale di Francia 1998, eliminati ai quarti, ai rigori dai padroni di casa, , prima di partecipare al mondiale nippo – coreano del 2002 alla guida del Paraguay.

Infine il ruolo di osservatore nel suo Milan e qualche apparizione televisive come opinionista, godendosi le gesta leggendarie del figlio Paolo, caso raro di un figlio campione che riesce a fare anche meglio del padre campione. Addio, Cesarone. 

 

 

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