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L'ultima curva

Niki Lauda nella sua storia sportiva ha rappresentato il perfetto connubio tra uomo e macchina, in un’epoca, quello della Formula 1 degli Anni Settanta, in cui le capacità del primo contavano ancora molto di più rispetto alle possibilità della seconda.

Le monoposto dell’epoca non avevano la sofisticatezza tecnologica di quelle moderne, occorreva il talento del pilota per ottenere le migliori prestazioni, e in questo si distinse Lauda.

Austriaco di nascita, del ceppo teutone del suo popolo prese la freddezza e la capacità di calcolo, preponderanti rispetto al puro estro, tanto da essere soprannominato “il computer”, contrapponendosi al suo grande amico rivale, James Hunt, che invece faceva proprio dell’estro la sua caratteristica principale. Proveniente da famiglia ricca, pilota autodidatta, con gli ingaggi, a inizio carriera, si pagò l’iscrizione per partecipare alle corse, osteggiando la famiglia tale propensione.

L’attrazione per i motori era troppo forte, però, e la caparbietà lo portò a superare tutte le categorie fino ad arrivare a quella principe, la Formula 1 dove, dopo l’esordio con le inglesi BRM e March, passò alla Ferrari nel 1974. Avallando quanto scritto all’inizio circa le auto dell’epoca, qui ebbe molti problemi con la meccanica della monoposto, fino a trovare il giusto assetto e a iniziare a vincere corse cu corse, giungendo cinque volte al primo posto nel 1975, emergendo su una concorrenza che rispondeva ai nomi, mitici, di Emerson Fittipaldi, Clay Regazzoni, Carlos Reutmann, Vittorio Brambilla, Jody Scheckter, cingendosi del primo alloro iridato.

Gioco facile dire che il destino attendeva dietro la curva, parlando di corse automobilistiche, e il destino era appunto in agguato, l’anno successivo quando, in piena corsa per il titolo, sul circuito tedesco del Nurburgring, un terribile incidente sembrò mettere fine non solo alla sua carriera, ma anche alla sua vita.

Uscitone ferito e ustionato, ma vivo e combattivo, riprese presto a correre, mancando di poco il titolo di quell’anno, andato per un punto all’amico – rivale Hunt, ma rifacendosi con la vittoria l’anno successivo, che segnò anche la clamorosa rottura con la Ferrari e il passaggio alla Brabham da cui, dopo due stagioni mediocri, annunciò il ritiro dalle gare.

Si dette all’imprenditoria, Lauda, fondando due compagnie aeree, ma il richiamo della pista era forte, il tempo aveva lenito probabilmente le ferite dell’animo oltre quelle del fisico, nel 1982 ci fu il clamoroso ritorno, con l’inglese McLaren, che portò addirittura al titolo mondiale nel 1984, primeggiando su Alain Prost, Elio De Angelis, Michele Alboreto, in una classifica che vedeva anche l’astro nascente di Ayrton Senna. Niki rimase in pista anche la stagione successiva, stavolta veramente l’ultima, ritirandosi ma restando nel mondo delle corse, fino all’epilogo finale, un mondo di cui ha rappresentato, forse, l’ultimo lato umano del connubio uomo – macchina, prima che la tecnologia della seconda prendesse il sopravvento sul primo.

 

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