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Centravanti vero

 

Nel gioco del calcio ogni ruolo ha un suo fascino particolare, una sua storia, caratterizzata dai personaggi che lo hanno interpretato.

Due dei più affascinanti sono quelli del portiere e dell’attaccante, ruoli all’antitesi, ma pieni di suggestioni.

A questa seconda categoria è appartenuto per tutto l’arco della sua vita calcistica Piero Prati, incarnando lo spirito del centravanti di una volta, ariete dell’area di rigore. Crebbe nel Milan, e il rossonero rappresentò la sua seconda pelle, contribuendo a costruire con i suoi gol la leggenda internazionale di quel Milan che illuminò la scena euro mondiale di fine anni Sessanta.

Cresciuto nelle giovanili rossonere, dimostrò subito le sue caratteristiche di vincente quando andò in prestito alla Salernitana, che conquistò la promozione in Serie B anche grazie al contributo dei suoi dieci gol. Dopo un’altra stagione in prestito al Savona, entrò in pianta stabile nella squadra allenata da Nereo Rocco, diventando subito capocannoniere alla sua prima stagione in Serie A con quindici reti.

La consacrazione avvenne nel biennio 1968 – 1969, quando la squadra milanese vinse praticamente tutto. Cominciò dallo scudetto, il nono milanista lasciando il Napoli di Dino Zoff, Antonio Juliano, Josè Altafini, Omar Sivori a nove punti di distanza, e dalla Coppa delle Coppe, sempre con il sigillo delle sue reti, la leggenda la scrisse nella finale di Coppa dei Campioni del 1969. All’ultima gara i milanesi affrontavano l’emergente Ajax di un giovane Johan Crujiff, esponente del nuovo “calcio totale”, ma quella sera Pierino la Peste, come era soprannominato, fu davvero incontenibile. Supportato da una squadra fortissima, di cui facevano parte anche Giovanni Trapattoni, Angelo Sormani, Gianni Rivera, alla fine furono tre i palloni che Prati spedì nella porta difesa da Gerrit Bals per il complessivo quattro a uno finale che portò i rossoneri sul tetto d’Europa, e poi del mondo, perché quella squadra vinse anche al Coppa Intercontinentale nel doppio confronto con l’Estudiantes (tre a zero a Milano, uno a due in Argentina), con un match di ritorno passato alla storia per il gioco violento degli argentini.

Importante per la qualità più che per il numero delle presenze, che alla fine furono solo quattordici, con sette reti, fu la carriera in Nazionale, con Prati che vinse il campionato europeo del 1968 e partecipò alla bella avventura di Messico 1970. Concluse la carriera al Milan vincendo la Coppa delle Coppe del 1973, poi quattro stagioni alla Roma, condite da ventotto reti, e finale di carriera da girovago. Poco importante la carriera da allenatore, quasi a non voler offuscare quella da calciatore in cui tante sono state le soddisfazioni e i gol. Pupillo di Nereo Rocco, ora ha raggiunto il Maestro nel Paradiso del pallone.

 

 

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