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Olimpia, quali valori?

Cosa è rimasto del mito di Olimpia? Quali dei sacri valori primigeni dei Giochi ancora resiste alla frenetica modernità? E sono mai esistiti questi valori?

Sono domande che sorgono sempre più frequenti negli ultimi anni alla vigilia dei Giochi Olimpici, come ora che ci troviamo nell’imminenza di Rio 2016.

 

Valori messi già in discussione nei tempi antichi, tanto da indurre, pare, l’imperatore Teodosio I, in accordo con Ambrogio vescovo di Milano, a vietarli nel 393 d.C., per la corruzione già dilagante a quel tempo. Valori che spinsero Pierre de Fredy barone de Coubertin a ripensarli e riproporli a partire dal 1896, tranne vederli con il tempo stravolti e, in pratica, annullati.

 

Molte verità e tante leggende circolano sui Giochi antichi, quei valori di cui sopra forse anche esagerati ma che facevano bene all’uomo e allo sport stesso: pensare agli atleti come a degli eroi, ma, appunto, corruzione e doping esistevano già allora, oppure pensare che i Giochi con lo sport avessero il potere di fermare le guerre è quasi un archetipo che accompagna da sempre le Olimpiadi.

 

Questi ultimi due punti, capisaldi della storia dei Giochi Olimpici, si sono ora ribaltati ed esasperati: il doping sembra diventato una triste regola, come dimostra quello di stato russo e, in passato, quello della Germania Est (solo?); i Giochi oggi non fermano più le guerre (ove mai ci riuscissero) ma sono diventati essi stessi un obiettivo della follia indiscriminata degli uomini. In questo quadro, già fosco, bisogna inserire il malessere sociale del Brasile, già evidenziato ai mondiali di calcio di due anni fa, per cui questo quadro assume tinte sinistramente cupe.

 

Il contesto non sarà, dunque, dei migliori, il “pasticcio” combinato, poi, circa la situazione russa è una prova, una volta di più, che ormai queste grandi manifestazioni sportive sono un fenomeno troppo grande e in cui circola tantissimo denaro per pensare di poterne governare il movimento con il solo spirito e i soli valori sportivi. Ecco quindi le situazioni di compromesso, con il Cio che demanda alle federazioni nazionali il compito di selezionare quanti andranno in Brasile, in pratica di squalificare o meno gli atleti dopati, con il caos che, evidentemente, regna sovrano, con l’aggiunta della paura di molti dell’ormai famigerato virus zika, che indurrà molti altri a rinunciare.

 

In ogni caso, l’assenza di molti favoriti nelle varie discipline apre spiragli di medaglia a chi ne aveva poche (“mors tua, vita mea…”), con più speranze che certezze, al solito, il contingente italiano. Fallita la qualificazione nelle discipline di squadra più importanti, calcio e basket, assente Gianmarco Tamberi, che si presentava da favorito nel salto in alto, ma che è stato appiedato da un infortunio, Federica Pellegrini, non a caso portabandiera azzurra, sarà la nostra punta di diamante, buone possibilità nella ginnastica con Vanessa Ferrari e Carlotta Ferlito, nei tuffi con Tania Cagnotto, nel pugilato e nella scherma, discipline sportive da sempre prodighe di medaglie per i nostri colori.

 

Ci aspettiamo sorprese anche, medaglie magari insperate ma capaci, per questo, di ammantare anche un po' di epica una mitologia dei Giochi che, come abbiamo visto, si va perdendo dietro interessi ormai diversi, sperando che lo sport sappia trovare dentro se stesso le soluzioni ad una deriva che sembra, ormai, inarrestabile.

 

 

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