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La resa

Una delle principali notizie che è rimbalzata in questi giorni su tutti gli organi di informazione è stata la rinuncia da parte della città di Roma alla candidatura ad ospitare i Giochi Olimpici del 2024.

L’argomento è stato sviscerato in tutte le sue sfaccettature, la questione è strettamente politico – gestionale e non possiamo di certo avere la competenza per entrare nel merito. Tutta la faccenda, però, si presta a numerose valutazioni che non possono non coinvolgere anche l’osservatore esterno.

La prima cosa che ci ha colpito è la maleducazione manifestata dal sindaco di Roma (pur grammaticalmente corretto, “sindaca” è un termine brutto da sentire che proprio non mi riesce di usare) Virginia Raggi. Avere un appuntamento istituzionale con il presidente del Coni, che è l’equivalente del ministro dello sport, e “bucarlo” perché trattenuta a pranzo è sembrato un gesto di arroganza che non dovrebbe appartenere alla buona educazione comune e neanche a chi si propone come “novità” nel panorama politico italiano.

In realtà, comportandosi in questo modo, non si è mostrato altro che il modo di fare tipico di chiunque faccia politica in Italia, indipendentemente dall’appartenenza. Stigmatizzato, e non poteva essere altrimenti, il comportamento, lascia basiti anche l’approssimazione, se non la vera e propria “ignoranza”, delle argomentazioni portate per giustificare il rifiuto a Roma 2024. Il sindaco Raggi, nelle sue esposizioni, ha evidenziato una notevole mancanza di approfondimento, poggiandosi su dossier superati da una nuova normativa che ha mostrato di non conoscere.

Figlio, tutto questo, di una volontà negativa a prescindere che nella testa della Raggi e di tutto il suo entourage non è mai stata in discussione. Invece di presumere di sapere poteva affidarsi a qualche esperto, magari ad uno storico dello sport, che la potesse consigliare al meglio, e prendere dopo la decisione, anche negativa, ma con cognizione di causa. In questo no alla candidatura, che poi l’assegnazione doveva essere sempre ancora vinta, come cittadino italiano non si può non avvertire l’angosciante senso di resa verso il malaffare che sicuramente avrebbe cercato il suo sporco profitto, ma che andava contrastato per tutta la parte buona dello Stato e dei cittadini che avrebbero potuto ricevere benefici e andare orgogliosi della loro capitale.

Invece, segnale ancora più preoccupante, questo  rifiuto ci dice che il malaffare avrebbe ghermito anche il gruppo di potere ora al comando, che accusa il passato sapendo di poter sbagliare in futuro, perpetuando i latrocini che continuano a nostre spese, con danni materiali per Roma e morali per tutta la Nazione.

Un segnale negativo contro cui tutto il popolo italiano, e non un movimento politico, è chiamato a combattere, perché Giochi Olimpici o meno, l’Italia ed il suo popolo hanno il diritto di potersi sedere ai massimi consessi mondiali, di partecipare senza alcuna paura ai grandi eventi, di essere orgogliosi, per ribellarsi ad una deriva altrimenti senza speranza. 

 

 

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