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Un nuovo inizio?

Si potrebbe definire come la solita pantomima, forse un inutile esercizio elettorale che poteva, e doveva, essere espletato nove mesi fa.

L’assemblea della Figc che ha ridato una governance al calcio italiano ha dato l’esito scontato  dell’elezione di Gabriele Gravina al soglio presidenziale.

Nove mesi che hanno portato ad una travagliata gestazione il cui frutto è stato lo stesso di quel momento, l’elezione di Gravina a presidente, candidato già all’epoca senza riuscire a trovare un accordo con gli altri due candidati presidenziali, Damiano Tommasi dell’Assocalciatori e Cosimo Sibilia della Lega Dilettanti.

Una situazione provocata dalle stesse componenti elettorali che portava al logico commissariamento, visto da subito quasi come un golpe quando poi aveva una chiara matrice individuabile nell’azione di potere di qualche candidato stesso. Con la sfrontatezza anche, in seguito e come sentito nei discorsi di accompagnamento a questa elezione, di rivendicare a sé la salvezza del calcio da un presunto baratro verso cui, però, erano gli stessi salvatori ad averlo spinto.

In sostanza, un perfetto esempio, ma si augura da non imitare, di quella che è la politica oggi nel Bel Paese, non solo nella sua espressione sociale, ma in qualsiasi arengo in cui la politica dovrebbe essere strumento costruttivo di sano confronto, invece che essere solo strumento di potere. In questo quadro, invero un po' fosco e che comunque, non dimentichiamo, ha eletto un presidente solo fino al 2020, cioè alla scadenza del quadriennio olimpico quando ci sarà la nuova chiamata alle urne, non tutto è da osservare con l’occhio della critica negativa.

Tralasciando gli interventi di alcune componenti, molto opinabili nei contenuti, apprezzabile è stato l’intervento di Gianni Infantino, presidente della Fifa, che ben ha saputo fare un discorso di richiamo sulle storture dell’attuale calcio italiano, pesi elettorali e ricorsi alla Giustizia ordinaria invece di lasciare lo sport allo sport, un po' sulla stessa linea del presidente del Coni Gianni Malagò. In linea con il calcio è stato anche l’intervento del commissario, ormai ex, Roberto Fabbricini, che molto ci è piaciuto quando ha detto di interessarsi ai soli risultati del campo e che solo quelli andrebbero rispettati e salvaguardati, rivendicando a sé l’avere condotto il vascello attraverso cupi marosi, dando il via a quelle riforme sempre rimandate sul format dei tornei e sul calcio femminile, forse anche sbagliando qualcosa, ma sempre in piena onestà.

Di sicuro da aspettare con fiducia il percorso che intraprenderà Gabriele Gravina, dirigente di lungo corso, persona per bene e competente, che avrà il duro compito di dover far coesistere e ragionare all’unisono le tante anime in cui è diviso il nostro calcio con i suoi biechi interesso di parte, lavorando per applicare il suo buon programma elettorale, che abbraccia tutte le attuali problematiche del nostro calcio (format dei campionati, Giustizia Sportiva, pesi elettorali su tutte), ma anche per creare i presupposti affinché fra due anni si vada a votare magari per rinnovargli il mandato per avere modo di lavorare a fondo per il bene del calcio, fantasma che ha aleggiato a lungo su questa elezione