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Zoeggeler, il ritiro del campionissimo

Sono passati circa trentatre anni da quando il piccolo Armin, per recarsi a scuola d'inverno dal suo “maso”, seminascosto sulla montagna di Foiana, piccola frazione di Lana all'imbocco della Val d'Ultimo, in Alto Adige, inforcava la sua piccola slitta, lanciandosi di corsa in discesa per divorare quei tre chilometri e arrivare giusto in tempo per ascoltare il suono della fatidica campanella.

Forse nessuno, nemmeno lui, sapeva che, su quella slitta, stava nascendo il più grande campione di slittino di tutti i tempi. Il 14 ottobre scorso, Armin Zöggeler, in conferenza stampa a Milano, ha confermato la sua intenzione di abbandonare la carriera agonistica per dedicarsi allo sviluppo dei materiali per Fisi, Coni e un'importante casa automobilistica. Nei suoi vent'anni di carriera sportiva, un palmares senza precedenti, sempre nello slittino singolo: sei titoli mondiali, quattro europei, dieci Coppe del Mondo. Ma quello che lo ha reso forse più noto alle cronache e di cui, sicuramente, può andare più fiero, sono state le sei partecipazioni consecutive, con altrettante medaglie, ai Giochi Olimpici invernali.

Con il bronzo conquistato a Sochi, in Russia, infatti,  Zöggeler è diventato il primo atleta della storia olimpica, sia estiva che invernale, a ottenere una medaglia individuale, nella stessa disciplina, in sei edizioni consecutive dei Giochi, in particolare: due ori, un argento e tre bronzi. Inutile citare, poi, gli infiniti riconoscimenti ricevuti anche in ambito extra-sportivo, primo tra tutti quello di Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana. Esistono personaggi del mondo dello sport che sembrerebbero immortali, almeno nell'immaginario della gente, soprattutto se vittorie e medaglie contribuiscono a rinnovare continuamente il lustro di carriere già irripetibili. Si è spesso pensato così a  Zöggeler come a un essere bionico, una sorta di robot, indistruttibile, sfuggito alle leggi della natura e del tempo. Nulla di più sbagliato. Con la sua ultima decisione, sicuramente la più sofferta della sua vita sportiva, Armin ha dimostrato di essere uomo fino in fondo, assumendosi il coraggio di mettersi da parte, prima che a farlo fossero l'età e le tante ferite di mille battaglie, combattute lungo i budelli di ghiaccio di tutto il mondo. Ed è stata questa, forse, la sua vittoria più bella.

Il nostro augurio, per il futuro, è che ora Armin possa avere più tempo per tornare là dove nacque la sua leggenda, il suo “maso” di famiglia, 850 metri sul livello del mare, lontano dal traffico caotico delle grandi città, ad ammirare, insieme alla moglie Monika e a tutti i suoi cari, lo splendido paesaggio di frutteti e prati sterminati, o di placide mandrie di animali al pascolo. Per adesso, comunque, il nostro semplice, immenso: grazie Armin! 

 

 

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