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L'ultimo dribbling di Bruno Conti

I suoi dribbling erano ubriacanti, quando partiva sulla fascia era praticamente inarrestabile. La sua prima pelle era gialla e rossa, ma sotto c’era sempre il colore azzurro della Nazionale.

Bruno Conti è stato uno dei più grandi calciatori italiani degli ultimi trent’anni, la fascia la sua casa sul rettangolo verde, probabilmente l’ultima vera ala del calcio moderno. Un calcio che è cambiato nella terminologia, oggi “esterno alto” e “esterno basso” sono parole che riempiono la bocca di commentatori e esperti (veri o presunti) di calcio, ma che è cambiato anche nei valori, che ha venduto l’anima al “dio denaro”.

In questa sua mercificazione, però, riesce sempre a regalarci storie come quella di “Brunetto da Nettuno”, tutta corsa, fantasia, dribbling, eroe di Spagna 1982, quando contribuì a regalare alla Nazione un titolo mondiale che mancava da quarantaquattro anni, che soprattutto segnava uno spartiacque nella vita sociale e sportiva del Paese. In quel mondiale, Conti dribblò tutti, sia nella grigia fase a gironi, sia in quella sfavillante ad eliminazione diretta quando, come birilli, prese a saltare avversari prestigiosi che vestivano le casacche di Argentina, Brasile, Germania, incantando tutti in un crescendo rossiniano, tanto da ricevere l’investitura di “Sua Maestà” Pelè quale miglior giocatore.

Smessi i panni del calciatore, Conti non ha smesso quelli giallorossi della Roma, dedicandosi ai giovani, sfornando campioni, come quel figlio, Daniele, che dalla Roma è partito per costruire il proprio futuro con le sue gambe, e non con l’etichetta di “figlio di…”, preferendo il lavoro e il sudore alle scorciatoie del nome. Il suo approdo è stato un’isola, la Sardegna, una squadra, il Cagliari, capace già in passato di accogliere e far innamorare un grande campione quale Gigi Riva, anch’egli transfuga dal Continente. Qui il giovane Daniele, figlio del grande Bruno, ha costruito il suo presente ed il suo futuro, fatto dei grandi valori umani prima che calcistici che gli ha trasmesso il padre, tutto questo doveroso preambolo per raccontare il piccolo – grande episodio che ci ha regalato nell’ultima domenica calcistica, una domenica che per altri versi, di segnali dal mondo del calcio ne ha dati di negativi.

Alla seconda rete segnata al Torino, il capitano del Cagliari è corso verso la panchina non per abbracciare i suoi compagni, ma per stringere il piccolo Manuel, per condividere in maniera intima la gioia collettiva che provoca un gol, tra l’altro vincente. La commozione è aumentata quando è stata pubblicata la lettera di papà Conti al figlio Daniele, per rendere visibili a tutti che i valori, nello sport e nel calcio, nonostante i numerosi attentati, ancora esistono. In una domenica intristita dai fatti di Salerno, le immagini di un padre che abbraccia il figlio su un campo di calcio sono un vero spot per il calcio vero, un inno alla vita. L’ennesimo dribbling vincente della famiglia Conti….

 

 

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