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Festa brasiliana

Road to glory

È ormai quasi una settimana che è partito il grande circo del Mondiale di calcio, la prima giornata di gare ha visto il suo compimento, si può provare a tracciare un primo bilancio, ovviamente poco tecnico, perché ancora sono possibili tutti gli scenari.

Può, infatti, riprendersi la Spagna dopo la pesante sconfitta inflittale dall'Olanda, che sembrerebbe aver concluso un ciclo vincente; lo stesso vale per l'Uruguay, e questa ci interessa da vicino, dove il problema è parso più di logorio fisico che mentale; è quasi obbligato a farlo il Portogallo, per non vedere la prematura uscita di scena di uno dei campioni più attesi, Cristiano Ronaldo.

Conferme sono attese anche da chi ha avuto un esordio positivo: la nostra Italia, innanzitutto, apparsa brillante dopo le incertezze pre gara contro gli inglesi, ma che ora si dovrà guardare dalle insidie di una Costa Rica apparsa tutt'altro che sprovveduta e in grado di impensierire la nostra non impermeabile difesa, reparto in emergenza che dovrebbe recuperare Gigi Buffon tra i pali, anche se ottimo è stato il comportamento di Salvatore Sirigu contro gli inglesi. A ruota, anche Olanda, Francia, Germania dovranno dare continuità ai loro esordi vittoriosi, cosa che non è riuscito a fare il Brasile, bloccato da un Messico ordinato ma soprattutto dal portiere, Guillermo Ochoa, capace di erigere un muro imperforabile anche alle giocate di un (appannato) Neymar. Questo il parziale discorso tecnico, ma sono anche altre le cose che hanno colpito in questa settimana: gli stadi pieni, innanzitutto. Tanti erano i timori di incidenti per le minacciate manifestazioni di protesta che avrebbero dovuto precedere le gare, sostanzialmente si sono ridotti a piccole scaramucce solo nel match d'esordio del Brasile. Forse mi voglio illudere, ma mi piace pensare che nei brasiliani abbia prevalso l'amore per il calcio, e che quindi la mancanza di incidenti non sia dovuta magari a inaccettabili forme di repressione. Capisco che questo pensiero ha il pesante retrogusto della retorica, che il calcio non risolve certo i problemi di povertà del paese, ma preferisco pensare a questo piuttosto che, ripeto, a forme repressive, sperando poi che quanto resterà alla fine del torneo possa contribuire in maniera fattiva al miglioramento della vita carioca.

Stadi pieni, quindi, di colori e suoni, con una lezione che, non mi stancherò mai di scriverlo, dovremmo imparare innanzitutto noi, quella di considerare le arene calcistiche come luoghi di divertimento e di svago, dove condividere tutti insieme la gioia che sa trasmettere questo sport, vincente o perdente che sia la nostra squadra del cuore. Un'ultima annotazione, sui volti dei protagonisti in campo, segnatamente su due portieri, Iker Casillas della Spagna e Igor Akinfeev della Russia: entrambi hanno avuto un disastroso esordio, con i loro errori non hanno aiutato le loro squadre, nei loro sguardi persi tutta l'amarezza di chi si sente, al momento, sconfitto e unico colpevole.

È la gamma di sentimenti che regala un ruolo, per certi versi, spietato, dove il confine tra gioia e dolore è una linea sottilissima, altare e polvere due elementi dello stesso scenario. Un ruolo per uomini forti, veri, come sicuramente sono questi due ragazzi, che sapranno risorgere dal baratro dove sono caduti e riprendere il loro ruolo da protagonisti.

 

 

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