Il rumore del silenzio
- Mercoledì, 03 Settembre 2014 17:38
- Raffaele Ciccarelli
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Che cosa rappresenta il silenzio? Può sembrare, forse è, una domanda strana, ma che merita un approfondimento. Il silenzio è sicuramente riflessione, introspezione, autoanalisi. Di certo, è contro natura: se l'essere umano è stato dotato di favella, è perché essa fosse usata, non farlo può andare contro la logica.
Il silenzio è una forma di linguaggio, non avere nulla da dire, o non volerlo fare, è un modo per dire qualcosa, e in questo frangente il silenzio assume dei connotati sorprendenti, inattesi: diventa rumore, ed anche assordante. Ci sono personaggi che hanno costruito il loro mito sul silenzio, molti hanno attraversato anche il mondo dello sport, e questo rappresenta un altro aspetto paradossale: se lo sport si inquadra nello spettacolo, e lo spettacolo è fatto soprattutto di rumore e apparenza, come può affermarsi chi invece è schivo e silente? Nel calcio siamo abituati alle esternazioni e alle esagerazioni, nei tempi moderni e con la proliferazione dei media, non più solo orali, ma anche attraverso cinguettii e messaggi, ponendo troppo spesso il solo personaggio al centro dell'attenzione, e non più l'uomo o il campione. In questo stato di cose, vuoto, privo di valori e contenuti, non si può non restare stupiti di fronte al perpetuarsi del ricordo di un campione come Gaetano Scirea, che proprio del silenzio aveva fatto il suo biglietto da visita. Scirea, beninteso, è stato prima di tutto un campione del calcio, un giocatore rimasto nella memoria per l'efficacia e l'eleganza delle sue giocate, capace di vincere tanto con la Juventus e anche con la Nazionale, contribuendo a regalare all'Italia quell'immensa gioia che fu la vittoria di Spagna 82, formando, insieme all'altro taciturno, Dino Zoff, la dorsale di ferro delle loro squadre. Spesso in Scirea, che venticinque anni fa ci lasciava tragicamente in seguito ad un incidente in terra polacca, i suoi silenzi erano intesi come timidezza, ma non ci può essere fraintendimento più grande: i suoi silenzi erano solo l'efficace sintesi e l'assordante esternazione di mille parole, contava il suo esempio, la correttezza e la lealtà che metteva nella sua vita di sportivo e di uomo. Venticinque anni, perciò, segnano solo un anniversario non di assenza, ma di presenza, per un uomo, un calciatore e uno sportivo che continua ad essere faro per chi vuole essere uomo nella vita.
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