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All Black World

A vedere le immagini della finale del mondiale di rugby che ha visto il suo epilogo con la sfida conclusiva tra Nuova Zelanda e Australia, viene quasi da chiedersi come sia possibile che il nostro calcio, tecnico e per tutti, possa essere una diretta emanazione di questa disciplina, apparentemente basata esclusivamente sulla potenza fisica e riservata a speciali tipi di atleti.

Forse avrebbe dei dubbi anche William Webb Ellis, l'inventore del rugby, eppure questa è la storia, e questo match ne ha rappresentato la pura essenza.

 

In Inghilterra, dove si è svolta l'intera manifestazione, in uno dei templi mondiali di questo sport, Twickenham, leggendario almeno quanto "S. Siro", il "Bernabeu", "Wembley" o il "Maracanà" sono leggendari per il calcio, i neozelandesi, meglio conosciuti con il mitico appellativo di All Blacks, entrano definitivamente nella leggenda della palla ovale vincendo il terzo mondiale della storia dal 1987, il secondo consecutivo e il primo fuori dall'emisfero australe.

 

Una serie di primizie suffragate dal campo, in cui l'Australia, pur sempre una delle regine di questa specialità alla pari del Sud Africa e della stessa Inghilterra, invano ha provato a opporsi ai suoi avversari, travolgente tsunami nero in fase offensiva, invalicabile muro, ancora nero, in quella difensiva, arrendendosi al definitivo 34 a 17 maturato sul campo. La determinazione neozelandese si era letta negli occhi dei giocatori a partire già dalla coinvolgente Haka, la tradizionale "Danza del Sole" che sempre inscenano prima di ogni match e che costituisce un vero spettacolo nello spettacolo, detrminazione scalfita appena dalla tentata rimonta australiana ad inizio ripresa, complice anche una momentanea inferiorità numerica neozelandese.

 

Ma la superiorità della Nuova Zelanda è stata troppa e, con onore, agli avversari odierni non è restato altro che arrendersi. Alla fine, sul campo si sono viste le scene di sempre, che tanto sono familiari a noi che viviamo di calcio, con vincitori e vinti ad esprimere le loro emozioni, giganti commossi fino alle lacrime, abbraciati ai loro avversari cui fino a poco prima erano, invece, avvinghiati. Infine l'urlo liberatorio neozelandese, quando il leggendario capitano, Richie McCaw, alzava al cielo inglese la coppa simbolo della vittoria, con gli All Blacks Campioni del mondo e successori di se stessi per la prima volta nella storia.

 

 

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