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Sorelle d'Italia

È un abbraccio che accomuna tutta una nazione, come solo il calcio era riuscito a fare, come solo lo sport riesce ancora a fare.

L’abbraccio tra Roberta Vinci e Flavia Pennetta suggella un trionfo tutto tricolore, portando il tennis italiano lì dove mai era stato, rinnovando sì i successi nello Slam di Francesca Schiavone e, andando più indietro, di Nicola Pietrangeli e di Adriano Panatta, ma sempre al Roland Garros, nella vicina e sorellastra Francia, mai con questo impatto, mai così totalizzanti, mai con una finale tutta italiana, mai negli Stati Uniti.

Forse sempre il calcio, con quella finale di Champions tutta italiana del 2003, tra Juventus e Milan, potrebbe assurgere a paragone, ma il calcio è un altro sport, dove identificarsi e riconoscersi è più facile, quasi atavico e intrinseco alla disciplina stessa. Nel tennis no, nel tennis hai davanti solo l’atleta, l’identificazione è totale e non divisa da colori o da appartenenza: la bellezza di questo trionfo sta proprio qui, noi lo sentiamo nostro senza alcun distinguo, perché sentiamo nostre le due protagoniste.

Quale delle due assurgesse al titolo di regina, era solo un dettaglio, Flavia e Roberta hanno vinto entrambe, scrivendo la vera impresa nelle semifinali, quando hanno eliminato rispettivamente la rumena Simona Halep e uno dei titani del tennis mondiale, Serena Williams, impedendole, tra l’altro la vittoria del Grande Slam. Queste le imprese vere delle due italiane, la finale era solo una formalità in cui l’assegnazione del titolo un piccolo, fastidioso, neo nella festa, che restava di entrambe.

L’abbraccio finale corona tanti sogni, tanti sacrifici fatti in una disciplina dura, dove il seme dei campioni pare germogliare sempre da altre parti, ma che una volta tanto il destino ha seminato in una terra del Sud Italia, le due tenniste separate dalla manciata di chilometri che dividono Brindisi da Taranto, con un percorso agonistico parallelo quanto spesso unito. Alla fine il trionfo dà anche una scossa ad una disciplina avara di successi ma prodiga quando si tratta di vestire il gonnellino, mandando segnali ad un mondo sportivo troppo spesso ancora misogino, per retaggio e mancanza di cultura, ma vivo e tenuto in piedi, nel tennis come in altre discipline, proprio dalle donne.

Che poi la Pennetta abbia annunciato, subito dopo aver alzato il trofeo, il suo ritiro, è una piccola concessione dovuta all’umana debolezza e il tributo alla grandezza dell’impresa, conscia forse di aver raggiunto il massimo. Ma ambedue queste ragazze ci hanno dimostrato di avere carattere da vendere, sicuramente appena passato l’ovvio stordimento del trionfo, altri obiettivi si materializzeranno, magari andando a cercare un sogno olimpico sulle spiagge di Copacabana.

 

 

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