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Salto in Paradiso

 

Quando si fa sport, ad alto livello, se la disciplina sportiva prevede l’uso di un attrezzo, si dice che tra l’atleta e l’attrezzo stesso si crei una vera e propria simbiosi, facendolo diventare parte del suo corpo.

Lo sport dell’equitazione, dove non c’è un attrezzo, ma un animale, crea ancora di più: il cavallo diventa un unicum con l’atleta che lo monta, insieme corrono e saltano nelle gare che li vedono impegnati, non esiste distinzione nell’unico corpo che si forma.

Raimondo D’Inzeo, che ha lasciato da poche ore la vita terrena, ha incarnato tutto ciò. Egli aveva la leggera abilità di stabilire un contatto quasi telepatico con il cavallo da montare, anche i più focosi e quelli in apparenza meno governabili. Attraverso il contatto che stabiliva con l’animale, gli trasmetteva l’unità d’intenti e il piacere della sfida, l’aver trovato quasi un “fratello” con cui gareggiare piuttosto che un padrone che volesse dominarlo, per cercare insieme il primato nella contesa. Come il fratello Piero, Raimondo era un predestinato, il cavallo una presenza costante nella sua vita, non un elemento estraneo, ma cardine della sua famiglia, con la passione inculcatagli già dal padre, ufficiale di cavalleria e maestro d’equitazione. Il temperamento di Raimondo era irruente, ma in gara cavallo e cavaliere avevano ben chiaro l’obiettivo, e le vittorie furono tante.

 

 

I trionfi e i piazzamenti individuali si sono mescolati con quelli a squadre, sia ai Mondiali, sia ai Giochi Olimpici: ad Aquisgrana nel 1956 in sella a Merano e a Venezia 1960 su Gowran Girl la conquista del metallo più prezioso ai primi, ma la medaglia più bella arriva ancora in casa, nel 1960, alle Olimpiadi di Roma, in groppa a Posillipo, in quella che è stata, probabilmente, l’ultima felice edizione dei Giochi Olimpici a misura d’uomo, quando ha avuto anche la gioia di dividere il podio con Piero, medaglia d’argento. Oltre al grande amore per i cavalli, Raimondo D’Inzeo è stato un fedele servitore dell’Arma con il suo rispetto per i valori, la grande sensibilità che ha avuto nel trattare i suoi cavalli è la stessa che ha messo nel credere nei valori sportivi, diventando anche un testimonial dello sport nel mondo. Per questo, per essere stato un campione prima nella vita, poi nell’equitazione e nello sport, non finiremo mai di ringraziarlo.

 

 

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