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Il prestigio del calcio

Cosa rende il calcio lo sport più popolare e seguito del mondo? La passione che suscita, certo, il senso di identificazione e di appartenenza ai colori sociali, che trasformano le squadre in veri e propri “eserciti” per cercare la superiorità sull’avversario che libera l’intima soddisfazione della supremazia.

La “normalità”, anche, il fatto che tutti possano diventarne protagonisti, non occorrono particolari doti fisiche per eccellere in questo sport, basta avere il talento nel trattare l’attrezzo, il pallone. Si pensi all’arte e al genio sublime di Maradona, o all’attuale Messi.

Scomponendo il calcio nelle sue forme più elementari, si arriva alla sua essenza più profonda, al campo e, soprattutto ai gesti tecnici che regala. Sono due le anime che convivono sul terreno di gioco, tralasciando la tattica, che resta un mero esercizio cerebrale: la potenza atletica e l’abilità tecnica, identificabile quest’ultima anche come capacità artistica, cioè quella di tirare fuori quel gesto, quella magia con il pallone che, anche da sola, finisce per incantare chi vi assiste, creando quello che nel mondo della magia classica viene chiamato “the prestige”. Il calcio è anche l’eterna ricerca di convivenza, di equilibrio, tra queste due capacità che, quando si trova, è capace di suscitare proprio il prestigio di cui sopra.

L’ultima volta che siamo stati testimoni di questa comunanza è stato in occasione del recente Italia – Armenia, al S. Paolo di Napoli. Prima c’è stata l’esaltazione tecnica: in un fazzoletto di campo, con un sublime controllo, Insigne ha eseguito un numero di scomparsa del pallone ai danni di un malcapitato difensore armeno, saltato il quale è andato poi a sfiorare quel gol che, se realizzato, avrebbe di certo trasformato il catino dello stadio in un vulcano eruttante gioia e meraviglia, con il gesto tecnico che in ogni caso è rimasto negli occhi dello spettatore. Sentimenti, del resto, ben conosciuti e mai dimenticati in uno scenario che ha visto le prodezze di Diego Maradona. Sul finire di gara è stata la volta della potenza: Balotelli, discutibile finché si vuole come uomo fuori dal campo, ma che ben la incarna sul terreno di gioco, è partito da centrocampo saltando come birilli quanti gli si paravano davanti, fino a trascinarli, impetuoso ed inarrestabile, fin nell’area di rigore. Anche questa azione non si è conclusa con la rete che meritava per un soffio, ma resta negli occhi la potenza incontenibile scaricata sul terreno dall’atleta e che non poteva essere in alcun modo ostacolata.

Per restare a latitudini partenopee, anni addietro era O’Lione Vinicio ad incarnare la forza applicata allo sport del calcio. Questi due gesti di cui siamo stati testimoni, nell’arco della stessa gara, rappresentano la perfetta sintesi del gioco del calcio, del perché piace veramente, oltre le barriere del tifo, perché appassiona, della magia che sempre susciterà finché ci sarà un pallone che diventa attrezzo magico tra i piedi di campioni.

 

 

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