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Italia Anno Zero

Sud Africa 2010: Italia eliminata al primo turno. Brasile 2014: Italia eliminata al primo turno. Se il quadriennio che intercorre tra due edizioni mondiali di solito fornisce quello che è il quadro della situazione calcistica di un Paese, quello del calcio nazionale è quanto meno deprimente.

Non che dovessero venire i fallimenti nella massima competizione calcistica per averne sentore, ma questo ennesimo disastro sportivo certifica il grave stato di crisi del nostro movimento calcistico. Era dall’edizione inglese del 1966 in Inghilterra che non si raggiungeva un punto così basso, in quell’occasione a chiusura di un ventennio (dal mondiale, sempre in Brasile, del 1950) che ci aveva visto relegato nelle retrovie del mondo. Pure allora, come oggi, i mali erano soprattutto nella gestione, quindi nella Federazione, con la confusione che regnava totale, a discapito di una qualità di giocatori importanti (erano gli anni di Mazzola, Rivera, Riva, Bulgarelli), anche se erano più circoscritti. Oggi, invece, pur individuando lo stesso punto di origine, i fattori devianti sono maggiori e, forse, più difficili da risolvere: un calcio in mano ai club, che gestiscono a piacimento, interessandosi solo a fare soldi; stadi obsoleti e fatiscenti, dominati da gruppi di delinquenti che tengono lontani gli appassionati; un campionato che non può più sopportare, venti squadre e quasi nessuno spazio per la Nazionale; troppi stranieri; società e tecnici che non puntano sui giovani.

Questi sono forse i mali principali che attanagliano il nostro calcio a cui è caduta anche la foglia di fico dei risultati degli Azzurri, perché è vero che nei due mondiali si è fallito, ma è pur vero che, seppur tra mille precarietà, hanno anche conquistato una piazza d’onore all’Europeo e un terzo posto alla Confederations Cup, tanto da creare l’anomalia di squadre di club fallimentari in campo europeo ma con una Nazionale, tutto sommato, dignitosa. Il triste risultato brasiliano è, naturalmente, anche figlio di una gestione, appunto, approssimativa da parte del nostro CT, sempre precaria e mai lineare, senza un’idea base di gioco, affidatosi ad un gruppo di giocatori che ha avuto nella vecchia guardia i migliori, che non ha saputo sfruttare i giovani fino in fondo (Verratti) e che ha puntato su qualche presunto fuoriclasse (Balotelli, anche Cassano) che invece ha continuato a mostrare i soliti limiti di personalità.

Tutto questo ha portato all’anticipata uscita di scena dal torneo, che ha avuto come epilogo le logiche dimissioni in massa di tecnico e presidente federale. Già da qualche parte ho letto di una fuga dei responsabili ma, in un Italia dove si resta attaccati alle poltrone ad oltranza e a dispetto dei santi, in cui il verbo “dimettersi” sembra essere stato cancellato dai nostri dizionari, siamo sicuri che non sia invece un’assunzione di responsabilità ed un’ammissione di colpa? Credo che da questo punto di vista Prandelli ed Abete vadano apprezzati, perché hanno dato anche un segnale di volontà di rinnovamento, per un movimento che ha bisogno di essere ripensato e rimodulato, stavolta senza rinvii, perché se chi verrà non avrà il polso sicuro e la mano ferma, se non metterà mano subito ed in maniera decisa ai problemi sopra citati, si corre il serio rischio di non avere più una Nazionale per il quale gioire o disperarsi.

 

 

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