slogan

Italian Bulgarian English French German Macedonian Maltese Romanian Russian Spanish

Deutschland Master der Welt

 

Road to glory

Alla fine è stata la Germania ad issarsi in cima al mondo, lasciando il secondo posto all’Argentina.

Al termine di una partita che era diventata una maratona, ad un equilibrio che non si spezzava si è ribellata la gioventù teutonica, in fondo ad un match estenuante era André Schürrle a trovare le ultime stille di energia per piazzare uno scatto bruciante sulla fascia sinistra ed effettuare il cross al centro. Sulla parabola, morbida come una carezza e geometrica come un disegno, si inseriva il petto di un altro giovane, Mario Götze, una delle poche delusioni tedesche fino a quel momento, che controllava e, senza far toccare palla al suolo, incrociava di sinistro battendo imparabilmente Sergio Romero e fissando il risultato.

Al di là delle peripezie, logiche, di una finale, di sicuro è una vittoria ampiamente meritata, soprattutto per quanto i tedeschi hanno saputo fare nell’arco della competizione, sciorinando il miglior gioco, culminato con l’incredibile vittoria in semifinale contro il Brasile. Come sempre, è una vittoria che contiene al suo interno tante chiavi di lettura, tante storie: quella di Miroslav Klose, che con sedici reti è diventato il capocannoniere assoluto nella storia della competizione; quella di un allenatore normale in mezzo a tanti “fenomeni”, Jurgen Löw, che con la sua normalità ha saputo gestire al meglio una generazione di campioni; quella della prima volta di un’europea vincente in Sud America, e non poteva essere che la Germania, la nazionale più continua al vertice del calcio mondiale, tra l’altro alla prima vittoria nel torneo da nazione unificata; quella di tutto un movimento calcistico, che ha insegnato al mondo (e soprattutto a noi) la strada da seguire per avere un calcio di nuovo al centro del villaggio.

Dall’altro lato, le lacrime degli sconfitti, dell’Argentina: forse gli albiceleste hanno giocato il match migliore del loro mondiale, cercando di mettere paura ai tedeschi, ma non hanno trovato il guizzo del loro campione: Lionel Messi non ha inciso, non ha saputo prendere per mano la squadra come aveva fatto in passato Diego Armando Maradona, con questa icona inarrivabile dovrà, probabilmente, fare i conti per sempre il campione argentino, che fatalmente finirà per essere considerato sempre “dimezzato” proprio perché incapace, tra le tante vittorie, di conquistare quella più importante, quella che regala l’immortalità. Alla fine, nella maniera più giusta, la Germania torna a dominare il mondo, dando un esempio di integrazione, con i tanti giocatori di origine straniera in squadra; di coraggio, con tanti giovani in mezzo al campo; di programmazione, ma questo si sapeva.

Si chiude un Mondiale che per un mese ci ha regalato emozioni, sogni e incubi, che ha messo a nudo tutti i limiti del calcio italiano, ma anche di quello brasiliano, mai così in basso nella sua storia, non più faro del calcio mondiale, si chiude con la composta festa tedesca, con Philip Lahm, grande capitano, che alza la coppa sotto il Cristo del Corcovado. Per una volta tanto, meritatamente, si può dire, senza retorica, “Deutschland über alles”.

 

 

(C) RIPRODUZIONE RISERVATA