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E la giostra continua...

Ma il calcio è ancora un gioco? Sono leciti i dubbi all'"Hilton" di Fiumicino, sede designata per l'elezione del nuovo presidente della Figc.

In mezzo alla "crema" del calcio nazionale si doveva decidere il futuro del nostro sport principale, scaduto ormai ai minimi termini sia tecnici, vedi i risultati della Nazionale ed in generale dei nostri club in Europa, sia etici e organizzativi, tra stadi fatiscenti e curve ostaggio di gruppuscoli violenti.

Due i candidati alla successione del dimissionario Giancarlo Abete, candidati che per storia ed età possono essere considerati in antitesi e addirittura in conflitto generazionale: da un lato Carlo Tavecchio, candidato delle Leghe (ma soprattutto di Claudio Lotito), che per la sua storia può rappresentare una visione del calcio "vecchia", legata ad un antico modo di fare politica che ricorda "maneggiamenti" ormai superati e che certo non possono essere il futuro del calcio; dall'altro Demetrio Albertini, giovane, da otto anni in seno alla Figc, forse non completamente esente da colpe per l'attuale stato delle cose, ma almeno giovane, educato, con idee innovative e il tempo e la visione giusti per metterle in pratica. L'elezione in sé era scontata, Tavecchio, forte della base dei suoi dilettanti e della politica delle promesse, oltre che dell'appoggio di Lotito, come detto, non l'ha mai vista in discussione, bisognava valutarne l'entità, il peso attraverso il numero di voti.

Ebbene, il nostro è stato alla fine sì eletto, ma solo alla terza votazione, quando bastava la maggioranza relativa per essere eletti, dopo aver invano tentato di rompere il fronte comune creato dal calciatori, allenatori e arbitri ("divide et impera"), promettendo vicepresidenze a destra e a manca, ad avallare i metodi di cui sopra e la mancanza assoluta di dignità. Ha un biennio, Tavecchio, per farci cambiare idea, anche sul suo modo di porsi di cui volutamente non ho parlato (ma sarebbe stato come sparare sulla croce rossa...), la speranza, per il bene del calcio, è che riesca a dimostrarsi più illuminato di quanto le premesse ci hanno fatto immaginare, magari svincolandosi da quelle pastoie che lo hanno portato alla presidenza e governando in maniera illuminata. Il tutto ci riconduce al quesito iniziale, se il calcio è ancora un gioco: entrambi i candidati lo hanno messo al centro dei loro programmi, predicando di riportarlo "al centro del paese", temiamo che almeno da parte del neo presidente saranno solo parole, anche se saremo i primi ad essere felici di essere smentiti. Intanto, la giostra continua…

 

 

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