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Tra Etica e Dignità

Nel frenetico succedersi di avvenimenti nel mondo del calcio, il più delle volte ci sono piccoli episodi significativi che passano quasi sotto silenzio, ma che non sono meno importanti delle squadre che vincono o delle giocate dei campioni.

Due di questi hanno interessato il nostro calcio proprio in questo periodo. Alla quarta giornata di campionato, al termine di un bel Milan – Napoli che vedeva la vittoria dei partenopei, Mario Balotelli inscenò una delle sue solite “balotellate” insultando l’arbitro, meritandosi il rosso post partita e la conseguente squalifica di tre giornate. Indignazione e rabbia verso il giocatore negli ambienti rossoneri, ma anche in quelli della Nazionale, in quanto in questa occasione scattava il Codice Etico per i convocati in azzurro voluto dal nostro CT, Cesare Prandelli.

 

 

 

 

Proprio questo codice, però, suscita più di una perplessità, non nella sua essenza, giusta, quanto nella sua elasticità di applicazione. Essa, infatti, sembra “diversificata” secondo l’importanza del giocatore coinvolto, con il buon Mario non è stato applicato perché, secondo un equilibrismo dialettico di Prandelli degno di miglior causa, il giocatore avrebbe scontato tutta la “pena”, che scadeva proprio nell’immediata vigilia delle convocazioni. Tutto vero, per carità, ma ci sembra un mero calcolo da ragioniere che non tiene conto della gravità del gesto, creando una sorta di alibi giustificativo non solo per Balotelli, in futuro, ma anche per quanti altri dovessero incappare in disavventure del genere. Sembra, in questo caso, di essere al solito teatrino italiano: facciamo la legge e ce ne riempiamo la bocca, in ogni situazione, tranne cominciare i distinguo al momento di applicarla, valutando l’importanza di chi è coinvolto o l’utilità o meno che ne può derivare. Al di là di facili, e ovvi, moralismi, lo sport deve trasmettere valori diretti e non trattabili secondo le circostanze, frasi come “La Legge è uguale per tutti” o “dura lex, sed lex” non devono essere slogan di comodo, ma verità di fatto.

Nel frattempo, nel variegato mondo che è il nostro calcio, accadeva anche un altro episodio, un caso che riguardava la dignità e non solo l’etica delle persone, per questo forse più importante, ma passato quasi sotto silenzio. All’improvviso è venuta alla ribalta la “misteriosa” scomparsa di Marco Giampaolo dalla guida del Brescia, con la vicenda che è sfociata quasi nel ridicolo alla ricerca del tecnico scomparso. Giampaolo, in realtà, ha semplicemente chiuso la porta (non sbattuta, ma chiusa in silenzio) nel momento in cui è stato costretto ad un confronto con i tifosi, quando il suo referente sarebbe dovuto essere il solo presidente. Tutto qui, si potrebbe pensare, ma il problema è che un episodio del genere non dovrebbe esistere proprio nel rispetto della dignità delle persone. Giampaolo, che già a Cagliari, sempre nel nome della dignità, preferì dimettersi dopo l’esonero piuttosto che ritornare alla corte di Cellino, si è comportato semplicemente secondo coscienza e dignità, appunto, ma in un Paese governato da “nani e ballerine”, ciò che è normale diventa atipico e “strano”. Non è strano per noi, ci farebbe piacere non dover scrivere più di questi argomenti: significherebbe che normalità, etica e dignità non sono solo parole da ricercare nel vocabolario, ma valori di cui proprio lo sport, il calcio, si fa vessillifero.

 

 

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