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Gioia di legno

Sono da pochi giorni terminati i Giochi Olimpici invernali di Sochi, come sempre al termine di manifestazioni così intense e coinvolgenti, resta una traccia di malinconia in quanti hanno seguito e partecipato alle evoluzioni degli atleti.

Resta, naturalmente, anche un bilancio da fare. A noi non interessa il mero conteggio delle medaglie, fatto più che altro per una questione “politica”, quanto piuttosto l’essenza di queste medaglie, le emozioni che esse hanno suscitato. Ovvio che, inoltre, a noi interessano le medaglie conseguite dai nostri atleti perché, al di là della prestazione sportiva, hanno fatto pulsare di tifo, passione ed emozione il nostro cuore di italiani.

Non si è potuto far altro che rimanere quasi sbalorditi di fronte all’ennesimo podio di Armin Zoeggeler nello slittino, il sesto della sua lunga carriera agonistica che potrebbe aver trovato qui il suo degno epilogo. Sbalorditi, ma anche quasi assuefatti e certi della sua performance, tanto bene ci ha abituato nel corso degli anni.

 

Meno scontati, ma forse ancor più trascinanti per il modo come sono state conquistate, le medaglie di Arianna Fontana nello short track, il pattinaggio di velocità. Se ci può essere sofferenza allo stato puro, essa è stata rappresentata proprio da queste conquiste, fatte di lotta, cadute, squalifiche che hanno fatto diventare una volta d’argento e due volte di bronzo, di cui una a squadre, la nostra atleta. Ancora argento quello conquistato da Christof Innerhofer nella specialità regina, lo sci alpino maschile, rinverdendo quelli che sono stati a suo tempo i fasti d’oro di Alberto Tomba. Poi, per i nostri colori, è stato quasi coniato un nuovo materiale per le medaglie, il legno, che simbolicamente si assegna a chi resta fuori dal podio di poco. Otto volte ci è capitato, grande è stata anche la delusione, ma ci permettiamo di dissentire sul disfattismo: se i podi possono essere una spinta a migliorare, a maggior ragione questi mancati podi devono spingere a maggiori sacrifici per trasformare quel legno in metallo prezioso. Senza che esse siano considerate un fallimento: come dietro i podi, questi piazzamenti rappresentano forse ancor di più le sofferenze e i sacrifici che questi atleti di discipline poco frequentate dal nostro habitat sportivo riescono a profondere per raggiungere, regalarsi e regalare pochi attimi di gioia. Resta, nel bilancio finale, anche il contorno alla manifestazione: dalle ormai solite trafile per la sicurezza alle polemiche anti gay, al sempre presente doping che, ancora una volta, ci ha visto dolorosamente coinvolti con la positività di William Frullani.

L’ultima immagine, però, è quella che ci portiamo nel cuore, ed è rappresentata dalla leggiadria e dalla grazia che ci ha saputo regalare la prova, nel pattinaggio di figura, di Carolina Kostner. Sulle note del Bolero di Ravel, la nostra ragazza ha incantato il mondo, riuscendo a conquistare forse l’unico alloro che mancava alla sua splendida carriera, una medaglia olimpica, seppur di bronzo. L’immagine più bella di questi Giochi.

 

 

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