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Crepuscolo rossonero

Una squadra di calcio, quale che sia il suo livello, è un mondo complesso in cui devono convivere tante anime, tante personalità.

Può essere vista come un delicato sistema di ingranaggi, in cui tutti devono essere oliati e funzionare alla perfezione affinché il meccanismo funzioni al meglio. Svariati sono i piccoli mondi che ruotano intorno ad una squadra di calcio, che devono vivere sempre in perfetta armonia: il gruppo squadra, naturalmente, ma anche la sfera dirigenziale e quella tecnica, senza dimenticare per importanza i tifosi, anima pulsante di tutto il sistema. Sono questi piccoli mondi che devono convivere, l'equilibrio che si instaura è quello che indirizza una stagione, o addirittura evi storici. Ora, cosa non funziona più nel giocattolo perfetto che era il Milan, la squadra "più titolata al mondo", capace soprattutto durante questa "era Berlusconi" di fare incetta di trofei in pratica su tutto il globo terracqueo? All'improvviso tutte le stelle che formano la galassia rossonera e che rappresentano quei mondi in equilibrio di cui abbiamo parlato prima hanno semplicemente cessato di essere proprio in equilibrio.

Il dissesto, a differenza di quello che si può credere, prima che tecnico ha origine nello staff dirigenziale, nel momento in cui Barbara Berlusconi, tanto aggraziata come donna quanto goffa, almeno in queste sue prime "mosse" dirigenziali, nel districarsi nella gioielleria di famiglia, capace di frantumare i delicati cristalli costruiti nel tempo, dal padre e da Adriano Galliani. La conseguenza è stata il caos: sfiducia ad Allegri, incautamente confermato ad inizio stagione, con altrettanta leggerezza esonerato a metà della stessa, quando poi avrebbe potuto essere più efficace anche nell'emergenza a differenza di un Clarence Seedorf cui manca l'esperienza necessaria e di cui non riusciamo a capire l'apporto tecnico attuale. Se, come dice lui, il Milan ha un grande futuro davanti, è pur vero che questo futuro bisogna iniziare a costruirlo sulle certezze che fornisce il presente, ma esse, per la verità, sembrano essersi licenziate con il vecchio allenatore. In mezzo a tutte queste macerie mancano, ovviamente, le certezze per i giocatori: non c'è afflato, non sembra esserci disegno tecnico, in pratica non sembrano proprio esserci quei presupposti che possano far pensare al grande futuro vagheggiato, e la spietata realtà del campo lo sta mettendo drammaticamente a nudo.

Di sicuro l'organico è buono: Mario Balotelli, pur con i suoi difetti caratteriali, resta un potenziale campione; Kakà e Pazzini sono professionisti di sicuro valore, come il resto della rosa, fatta di giocatori affidabili. Purtroppo, nel caos creato le prime "vittime", o quanto meno quelli che per primi ne patiscono, sono proprio loro. In queste ore è caduta anche l'ultima certezza: ad un campionato anonimo, di medio bassa classifica, si era sempre contrapposto un cammino in Europa se non sfavillante, almeno deciso e più sicuro, la doppia sconfitta con l'Atletico Madrid, con l'impietoso quattro a uno del ritorno, ha tolto anche quest'ultima certezza, lasciando ora il Milan in balia dei suoi tormenti senza più alcun obiettivo degno del suo blasone, ma a giocare solo per la sopravvivenza. Ricette per rinascere non esistono, ma il clan rossonero può pescare nella sua storia più o meno recente più che sperare in un nebuloso futuro, per ricreare quelle sinergie e quegli equilibri che ne hanno fatto, e devono continuare a farne, una protagonista storica del calcio italiano.

 

 

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