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Un anno di calcio

La fine di un anno concede la possibilità, come sempre quando si arriva al giro di boa, di tracciare bilanci, sia per ricordare quanto accaduto lungo un percorso di 365 giorni, sia per avere memoria di programmi che andranno a svilupparsi nel nuovo anno.

Questo avviene anche per il calcio, per il nostro sport nazionale è stato un anno intenso e travagliato, con tanti avvenimenti tecnici che hanno avuto notevoli ripercussioni anche, per così dire, politiche.

L’inizio, per pure questioni cronologiche, è di quelli che non avremmo voluto commentare: la finale di Coppa Italia mette di fronte, il tre maggio, Napoli e Fiorentina a Roma, quella che si preannuncia come una festa è rovinata dagli incidenti che avvengono prima del match fuori dallo stadio Olimpico, coinvolti ultras della Roma e tifosi del Napoli, con il ferimento di Ciro Esposito, che purtroppo morirà di lì a pochi giorni. Un evento tragico e ingiustificabile, con scarse attinenze con lo sport ma che lo sport sconvolge, offuscando una partita anche bella, quando si è potuto finalmente giocare, vinta dal Napoli di Rafa Benitez, con Roberto Insigne, autore di una doppietta, sugli scudi.

Intanto il campionato consacra, per la terza volta consecutiva, la Juventus di Antonio Conte Campione d’Italia, stavolta sì per la trentesima volta ufficiale. La cavalcata dei bianconeri è stata dirompente per tutte le avversarie, portando al record di 102 punti conquistati. Tale record, però, difficilmente si sarebbe potuto raggiungere senza la tenacia della splendida Roma guidata da Rudi Garcia, capace di tenere testa alla Juventus quasi fino alla fine. Un buon terzo posto lo conquista il Napoli, mentre si registra l’eclissi delle squadre milanesi, terminate lontano dal podio.

 

La stagione europea dei club celebra il suo epilogo con la Decima Coppa dei Campioni conquistata dal Real Madrid di Carletto Ancelotti in una drammatica finale contro l’Atletico Madrid dei miracoli di Diego El Cholo Simeone, con il trionfo iberico completato dalla conquista anche dell’Europa League del Siviglia, a Torino, contro il solito Benfica “maledetto” da Béla Guttmann.

I trionfi iberici in campo internazionale fanno da prologo alla celebrazione del Campionato del Mondo, evento calcistico per eccellenza, disputatosi tra giugno e luglio in Brasile. Nella terra del futebol bailado, con qualche contestazione iniziale poi sopita dal rotolare del pallone, i brasiliani sono favoriti più per tradizione che per reale consistenza tecnica, affrontando la competizione anche con il peso di dover riscattare il Maracanaço di sessantaquattro anni prima. L’inizio è subito scoppiettante, la Spagna campione di tutto è strapazzata dall’Olanda e, in pratica, subito eliminata dalla competizione. Sorte simile per l’Italia: la sopravvalutata nazionale di Cesare Prandelli, partita con buoni propositi ma scarsa organizzazione e ancor meno idee chiare, pur iniziando con una vittoria ai danni dell’Inghilterra, subisce le successive due sconfitte ad opera di Costa Rica e Uruguay con lo stesso punteggio, uno a zero, che valgono il mesto ed inglorioso ritorno anticipato in Italia. Senza scossoni avanza l’Argentina di Leo Messi, tanto evanescente nella partecipazione del gioco quanto efficace in fase realizzativa, si afferma il talento di James Rodríguez con la Colombia, ma è la solita Germania a rubare presto la scena. Forte dell’ossatura del Bayern Monaco, la squadra di Joachim Löw non mostra punti deboli, rivelandosi una spietata macchina da guerra (calcistica) in semifinale, quando di fronte si trova il Brasile. I verde oro, da giganti del calcio, si trovano trasformati in topolini spauriti dalla devastante potenza dei cingolati tedeschi, capaci di chiudere il primo tempo sul cinque a zero e il match sul sette a uno, risultato mai visto a questi livelli, che dopo il Maracanaço consegna alla storia il Mineiraço. La finale tra Argentina, che intanto ha superato la solita, incompiuta, Olanda, e Germania è equilibrata, la posta in palio fa essere prudenti entrambe le compagini, alla fine la spuntano i teutonici grazie ad una rete di Götze nei supplementari, potendosi fregiare, così, del quarto titolo di Campioni del Mondo.

In casa nostra, i risultati negativi degli azzurri hanno avuto effetti devastanti, con l’azzeramento di tutti i vertici federali e le dimissioni dello stesso CT, Prandelli. Con le solite polemiche all’italiana è eletto presidente Carlo Tavecchio, il quale nomina commissario tecnico Antonio Conte, fresco dimissionario dalla sua Juventus. Al leccese (primo selezionatore del sud nella storia della nazionale) il difficile compito di rilanciare le sorti degli Azzurri e di un po’ tutto il calcio nostrano, barcamenandosi tra i mille problemi che lo contraddistinguono, nel frattempo la nuova stagione del campionato parte con Massimiliano Allegri in panchina alla Juventus, Pippo Inzaghi su quella del Milan, qualche squadra rinnovata, ma il duello resta quello tra Juventus e Roma, stavolta molto meno sereno soprattutto da parte dei romanisti, con Garcia spesso polemico e sopra le righe, teso, probabilmente, a far assorbire nel modo più indolore possibile il pesante uno a sette subito dal Bayern Monaco in Champions League, possibile spartiacque nella stagione giallorossa. Nella maggiore competizione europea per club avanza al secondo turno, ma tra mille difficoltà e poca sicurezza, la sola Juventus, folto il plotone italiano in Europa League, con concrete, e auspicate, speranze di una corroborante vittoria.

L’anno si chiude con lo splendido Real Madrid di Carlo Ancelotti che va a fregiarsi anche del titolo di Campione del Mondo per Club, mentre il calcio italiano saluta il 2014 con la bella finale di Supercoppa tra Juventus e Napoli, giocata a Doha e vinta dagli azzurri con un finale, ai rigori, al cardiopalmo.

Questi i punti salienti di un anno di calcio, travagliato la nostra parte, l’auspicio e l’augurio per il 2015 è quello che esso sia foriero di miglioramenti nella struttura stessa del nostro movimento, passo fondamentale per la costruzione di un futuro di nuovo da protagonisti.

 

 

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