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Calcio hollywoodiano, boria francese

Fornisce sempre spunti interessanti il variegato mondo del calcio, in un fenomeno tutto italiano, soprattutto per il corollario piuttosto che per l'evento tecnico in sé.

Del resto, non si potrebbe altrimenti spiegare la presenza di tre testate giornalistiche nazionali, miriadi di programmi televisivi in un diuturno flusso di informazioni che riguardano quella tale squadra o campione. Tutto questo è un pò la fortuna di questo sport, ma anche il suo limite, fornisce in ogni caso sempre spunti di discussione o di commento, come in quest'ultimo periodo. Sono soprattutto tre le situazioni che riteniamo meritevoli di approfondimento, scaturite alla vigilia di una giornata che già di sé ha proposto la straordinarietà delle imprese del Parma. Ma quello è il campo, che non sia mai tolga la ribalta ai nostri ineffabili dirigenti, sempre pronti a sfornare idee con una ingegnosità che, per la verità, meriterebbe altri palcoscenici.

Tre sono stati gli episodi su cui ci siamo focalizzati: 1) l'idea di de Laurentiis di far disputare la prima giornata del prossimo campionato all'estero; 2) la presa di posizione di Rudi Garcia avverso le decisioni del Giudice Sportivo sulla chiusura della Curva dopo le invettive acontro la mamma di Ciro Esposito, peraltro stigmatizzate dallo stesso presidente Pallotta; 3) il silenzio con minaccia di querele del Napoli dopo le notizie sulle notti brave di Gonzalo Higuain.

Come si può leggere, in due delle tre situazioni di cui sopra il protagonista è l’istrionico e mai banale presidente del Napoli, che ha il torto, troppo spesso, di pensare al calcio come ad un set cinematografico, oltre che a un suo salvadanaio, evidentemente. È almeno contraddittoria la levata di scudi verso la stampa e l'ambiente della movida napoletana, che ha sempre storicamente influenzato i calciatori partenopei (Maradona su tutti), minacciando querele perché inventate, salvo poi mandare la squadra in ritiro (quasi) punitivo perché "troppo distratta". Delle due l'una: o le voci sono fondate, e allora è anche logico il provvedimento del presidente, o sono false, come da minacciate querele, e allora il ritiro non ha senso. Non è la prima volta, in verità, che paiono esserci problemi di comunicazione tra la società partenopea e la stampa, i fatti sembrano dire che evidentemente al suo interno esistono questi problemi.

Non meno spettacolare l'uscita presidenziale sul progetto di giocare all'estero la prima giornata del prossimo campionato: è un'ipotesi talmente sballata da far pensare di non possibile parto umano, essendo contro qualsiasi logica. Non tiene conto dell’identità del calcio nazionale, men che meno delle necessità dei tifosi, già vilipese dall’assoggettamento televisivo, costretti in questo modo a far mancare alla prima giornata il loro calore ai propri beniamini, senza contare che si porrebbe anche un problema di regolarità: per par condicio, si giocherebbe all’estero anche la prima di ritorno? Non ci risulta, infine, che tali genialate siano state concepite nei campionati top level esteri, perché sono chiaramente così assurde da sfiorare il ridicolo.

Se possiamo accogliere come provocazioni (speriamo) le idee del presidente del Napoli, non può non darci un po’ fastidio l’uscita del tecnico della Roma. Nel processo sinergico di insegnamento e apprendimento che sostanzialmente è il mestiere di allenatore, credo sia stato soprattutto il francese ad avere imparato di più piuttosto che quello che lui sia riuscito ad inculcare alla sua squadra sulle sue idee di gioco. Bisogna avere tutta la boria e la presunzione di quel popolo, che spesso viene fuori quando si parla dei transalpini in generale, per muovere una critica così profonda non a una decisione, ma a tutto il sistema giuridico sportivo nazionale. Coraggioso, ma anche ruffiano verso la tifoseria, da parte di chi vive e guadagna ospite da due anni in Italia, inevitabile però che poi sul piatto della bilancia l'umile cronista vada a porre quanto da lui fatto alla guida della Roma: buoni sicuramente i risultati, un pò meno il gioco espresso dai giallo rossi e la generale confusione che si avverte ogni volta ultimamente li si veda giocare. Sarebbe meglio, allora, che lo stesso Garcia si preoccupi più della squadra e meno del contorno, anche perché la piazza romana, già calda di per sé, non ha bisogno di essere ulteriormente aizzata da chi si traveste da generale per nascondere i propri errori e incapacità gestionali. Crediamo che proprio in questo il buon Garcia si sia lasciato, furbescamente, coinvolgere dall’andazzo del calcio italiano. 

 

 

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