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Torneo finale

Con la definizione delle quattro squadre che vanno a formare la semifinaliste della Champions League, si entra nella fase cruciale della competizione, quella che porterà a proclamare la vincitrice nella finale di giugno a Berlino.

Quello che inizia ora è un breve ma intenso torneo nel torneo, in cui le duellanti rappresentano il meglio del continente a livello di club. È un circolo ristretto, però, una tavola imbandita per quattro posti in cui i commensali sono quasi sempre gli stessi. Da quando la vecchia Coppa dei Campioni è stata trasformata nella pletorica forma attuale, con il business ed il guadagno ad allargare sempre più la forbice tra ricchi e poveri, difficilmente non hanno trovato posto al desco Bayern Monaco, Barcellona, Real Madrid, Manchester United.

 

Perché ci sia spazio, e non solo briciole, anche per gli altri occorre la stagione negativa di una di queste quattro: negli ultimi tre anni sono venuti meno gli inglesi, orfani di sir Alex Ferguson e in lenta ripresa, per cui si sono create opportunità prima per Borussia Dortmund, poi per Atletico Madrid (sempre tedesche e spagnole, però), anche se dall’Inter del Triplete del 2010, solo la vittoria, clamorosa quanto irripetibile nella sua forma, del Chelsea di Roberto Di Matteo nel 2012 ha spezzato l’egemonia di iberici e teutonici.

 

Egemonia di calcio nazionale ma non di club, almeno non consecutivamente, perché questa Champions ha un’altra caratteristica peculiare che la contraddistingue dalla vecchia Coppa Campioni: nessuna squadra l’ha mai vinta per due volte di seguito. Non sappiamo se ci riuscirà il Real Madrid di Carlo Ancelotti questa volta, un tempo i cicli erano naturali, dal primo dello stesso Real (cinque edizioni di fila), all’Ajax di Johan Cruijff (1971/73) e al Bayern Monaco di Franz Beckenbauer (1974/76), fino ai sei anni inglesi (1977/82), in cui si alternarono Liverpool, Nottingham Forest e Aston Villa, con valori più definiti e meno possibilità di inserimento esterno se non a fine ciclo stesso. Ora non è più così, la spiegazione principale è nei soldi, con i grandi guadagni che hanno equilibrato in alto, anche se limitatamente a poche squadre, appunto, il livello tecnico, e anche alla formula, che prosciuga energie fisiche e nervose creando difficoltà nel recupero delle stesse e perciò nella possibilità di potersi ripetere.

 

Dopo anni di astinenza, dall’Inter di Josè Mourinho del 2010 (grande eliminato con il suo Chelsea in questa edizione), al tavolo delle grandi sembra sia tornato il momento del nostro calcio, visto che è riuscita a trovare posto la Juventus dopo dodici anni, tendenza confermata anche dagli ottimi due posti conquistati al penultimo atto di Europa League dal Napoli del copetero Rafa Benitez e dalla Fiorentina del nuovo rinascimento di Vincenzo Montella.

 

Inizia a questo punto quel torneo nel torneo di cui sopra, senza favoriti particolari, a parte forse il Bayern Monaco, che non si limita semplicemente a vincere, ma annienta proprio sul piano psicologico i suoi avversari, bombardandoli di gol. Difficilmente, però, i bavaresi potranno annichilire il gigante che dovranno affrontare, il Barcellona di Leo Messi, per quella che si annuncia come una finale anticipata. Sulla strada di Ancelotti (in un suo ritorno al passato) per il bis ci sarà la Juventus, per i bianconeri forse l’avversario più alla pari, visto il momento delle altre, ma i Blancos hanno tali risorse da non potersi spaventare per le pur numerose e importanti assenze. Per i bianconeri sarà una festa contro un avversario classico delle sue avventure europee, con una piccola notazione cabalistica: la finale si gioca in quella Berlino che nel 2006 ha visto i colori azzurri trionfare con, tra l’altro, alcuni protagonisti attuali (Buffon, Barzagli, Pirlo), un motivo in più per sperare e un avviso anche alle altre a non dare nulla per scontato.

 

Sorride l’urna anche in Europa League, considerando sempre l’estremo equilibrio tra le squadre che giungono a questo punto. Scansato l’improvvido derby, per il Napoli gli avversari saranno ancora a Est, gli ucraini del Dnipro, mentre per la Fiorentina i campioni in carica del Siviglia: avversari da rispettare, ovviamente, ma da non temere più del dovuto, viste le potenzialità delle nostre. Si dia inizio alle danze, allora, sperare in un trionfo italiano totale è un sogno, non più un’utopia.

 

 

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