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La Coppa dell'altro mondo

È il torneo continentale più antico del mondo, avendo visto la Coppa America la sua prima edizione nel 1916, ed è anche il torneo più seguito alle nostre latitudini, dopo Mondiali ed Europei, e questo è abbastanza logico.

La Coppa America, infatti, raccoglie il meglio del calcio mondiale europee escluse (così come accade anche al contrario), lo disputano tra i migliori giocatori del mondo e i migliori prospetti, per cui diventa una appetitosa vetrina per il Vecchio Continente.

Sono molteplici i motivi di interesse per questa manifestazione, oltre a quelli citati. Essa si svolge in Cile, in casa della Roja forse più ricca di talento della sua storia, quella chiamata a cercare di risolvere un errore storico di questo torneo: i cileni, infatti, sono l’unica nazionale di medio livello a non aver mai vinto una edizione della Coppa, al pari di Ecuador e Venezuela, per cui si può ben comprendere la pressione che grava su Arturo Vidal, Alexis Sanchez e compagni, chiamati dal popolo alla vittoria.

Naturalmente, tre sono i favoriti d’obbligo per alzare al cielo il trofeo: l’Argentina di Lionel Messi, ma anche di Arturo Di Maria, di Sergio Agüero, di Carlos Tevez, solo per citarne alcuni; il nuovo Brasile di Carlos Dunga; l’Uruguay campione uscente del vecchio Maestro Oscar Tabarez. Tutte e tre, però, si portano dietro numerosi dubbi: l’albiceleste manca la vittoria dal 1993, per Messi è l’ennesimo esame di maturità in nazionale, dove non è quasi mai riuscito ad esprimere quanto invece fa vedere quando indossa la maglia del Barcellona, le occasioni per primeggiare iniziano a scarseggiare e forse questa resta una delle ultime per affermarsi definitivamente.

Molta curiosità suscitano i verdeoro, che devono, alla prova del campo, dimostrare di aver superato lo choc di giusto un  anno fa, quando subirono dalla Germania il famoso Mineiraço che lasciò nella disperazione un’intera nazione. Dunga, per la verità, ha fatto delle scelte un po’ particolari, molto personalistiche, escludendo ad esempio il Profeta Hernanes o lo straripante Felipe Anderson laziale, ma al di là di questo il suo compito sarà soprattutto quello di far dimenticare gli ultimi disastri.

Al solito più tranquilla e compassata l’Uruguay, in linea con il carattere del suo Commissario Tecnico, che ha iniziato un’opera di svecchiamento di una generazione di calciatori che ha dato grosse soddisfazioni al suo piccolo paese, comportandosi bene negli ultimi due Mondiali e vincendo l’ultima edizione della Coppa America. Imperniata sul talento di Diego Godin in difesa e di Edinson Cavani in attacco, la Celeste potrà lamentare la sola assenza, comunque pesante, di Luis Suarez, che sconta ancora la squalifica per l’improvvido e inspiegabile morso a Giorgio Chiellini a Brasile 2014.

A quante sopra si aggiunge la Colombia, come il Cile forse nella sua versione più forte della storia. I Cafeteros sono stati già grandi protagonisti allo scorso mondiale, ora José Pekerman avrà la possibilità di poter bissare l’unico successo del 2001, disponendo di un fuoriclasse come James Rodriguéz introno a cui far ruotare i vari Carlos Bacca, Jackson Martinez, Radamel Falcao, ma tutta la squadra ha le carte in regola per arrivare in fondo al torneo.

Queste sono le condizioni di partenza delle principali candidate alla vittoria finale, il roster è completato da Bolivia, Ecuador, Perù e Venezuela, che hanno l’obiettivo principale di fare la migliore figura possibile e di mettere in vetrina qualche campioncino, e dalle “ospiti”, il Messico, che si presenta con una formazione sperimentale essendo impegnato anche nella Copa de Oro, e dalla Giamaica, presenza piuttosto folcloristica. 

 

 

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