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Casillas, Grande di Spagna

Tra le pieghe di un mercato estivo ribollente in Italia come le temperature che stanno opprimendo la penisola, c'è una notizia che arriva dal mercato internazionale che apre un fronte di riflessione.

Dopo sedici anni con la prima squadra e venticinque di esclusiva camiseta blanca, Iker Casillas lascia il Real Madrid per trasferirsi al Porto. Di per sé non sarebbe una notizia clamorosa, visto l'andamento del calcio moderno, oltretutto in linea con le ultime stagioni del portiere della nazionale iberica, spesso in panchina e talvolta anche contestato. In realtà la notizia ha molto di clamoroso, perché in un calcio che non riconosce più uomini simbolo, quella di Iker è una bandiera che si ammaina, con un impatto pari all'addio alla Juventus di Alex Del Piero a suo tempo, anche se, rispetto al bianconero, lo spagnolo ha un’età calcistica relativamente giovane, visto il ruolo che ricopre.

 

 

Comprendere cosa sia stato questo portiere con un’educazione di altri tempi, che incarna in tutto e per tutto lo spirito castigliano che anima la Casa Blanca, ma con toni meno arroganti e più gentili, è un’impresa lunga come l’elenco dei titoli e dei trofei conquistati difendendo i pali del Santiago Bernabeu dal lato dei madridisti, lì come in qualsiasi campo di Spagna, d’Europa e del Mondo: cinque campionati spagnoli, due Coppe del Re,  quattro Supercoppe spagnole, tre Champions League, due Supercoppe europee, una Coppa Intercontinentale e una Coppa del mondo per club. Diciotto titoli che hanno ribadito la grandezza del club e il suo orgoglio a farne parte.

 

Non sono state sempre gioie, naturalmente, anzi le ultime stagioni sono state molto sofferte, con la titolarità persa insieme ad una tranquillità mai più ritrovata. Far risalire il tutto alla controversa gestione di Josè Mourinho è ovvio quanto documentato, con l’esclusione per scelta tecnica, dopo che Casillas si era opposto ai metodi del portoghese soprattutto nella sua battaglia contro il Barcellona e il suo mentore, Sep Guardiola, che ha avuto tanto il sapore di una vera e propria epurazione.

 

Ma Iker voleva difendere solo il suo diritto di essere calciatore sul campo, rispettando gli avversari, cosa che non sempre la storia del calcio madridista ha concesso, soprattutto se questi avversari indossavano i colori blaugrana. Ma egli difendeva anche quell’equilibrio che si era instaurato tra i giocatori delle due squadre più forti di Spagna quando indossavano la maglia della Nazionale, un equilibrio che era sempre mancato in passato e non aveva permesso, a formazioni pur forti di primeggiare.

 

Egli è stato tra gli  artefici nell’aver dato un volto finalmente vincente anche alla Spagna, alzando due Coppe d’Europa (2008 e 2012) e una Coppa del Mondo, nel 2010 sotto il cielo del Sud Africa. Con il suo trasferimento al Porto e ancora una discreta carriera avanti, Casillas lascia sicuramente un vuoto nel cuore dei suoi tifosi, soprattutto per l’uomo che ha dimostrato di essere dietro il campione osannato.

 

A noi piace ricordare un immagine particolare di questo ragazzone che, vincendo la timidezza, baciò la sua compagna giornalista, Sara Carbonero, nella prima intervista subito dopo essere salito sul tetto del mondo, il tutto in diretta televisiva: una immagine simbolo di come lo sport, con tutto il vortice di emozioni che può suscitare agli altissimi livelli, può e deve restare di dimensione umana.

 

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