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Magic Florenzi

Ci sono degli avversari, in certe partite, che quando li vai ad affrontare, ingenerano tutta una serie di emozioni antitetiche, dovute alla loro forza tecnica e al loro blasone.

Emozioni che vanno dall’orgoglio di poterli affrontare al pregiudizio di chi ti vuole sconfitto in partenza, dal coraggio nell’affrontare l’impresa al timore, nei tifosi vera e propria paura, di non avere capacità di opposizione e di subire qualche cocente umiliazione.

Da questa tempesta emotiva era attraversato tutto il mondo giallorosso della Roma nel momento di dover affrontare il Barcellona, campione d’Europa in carica, un “Everest da scalare”, secondo le parole del suo tecnico, Rudi Garcia. Il sentimento predominante era, in verità, la paura, evocata dalla terribile disfatta di circa un anno fa contro altri giganti, quelli tedeschi del Bayern Monaco, che avevano bruciato l’erba dell’”Olimpico” al loro passaggio e condizionato tutta la stagione di Totti e compagni.

Stavolta non poteva, e non doveva essere così, come sempre Eupalla, lo spiritello che vive dentro quella sfera magica calciata con i piedi, si è divertito a scompaginare gli eventi e le attese, assumendo le fattezze di un piccolo giocatore romano, Alessandro Florenzi. Non è un fuoriclasse, il ragazzo, ma di sicuro un campione, un giocatore che fa della duttilità, dell’abnegazione e dell’affidabilità i suoi punti di forza, sempre pronto a spendere ogni stilla di energia e sudore per la causa giallorossa. Ebbene contro i blaugrana del “Trio Maravilha” Messi, Neymar, Suarez, in svantaggio per una rete di quest’ultimo e con la paura di cui sopra incombente, ad un certo punto accade la magia.

Il piccolo Florenzi parte dalla sua area di rigore, caracolla veloce lungo la linea di fascia destra, poi alza la testa. Non si sa mai cosa passi nella mente di una persona in certi momenti fatali, in quell’istante il piccolo romano non si preoccupa di come colmare la distanza quasi abissale che lo divide da ter Stegen, portiere crucco dei blaugrana, semplicemente libera l’istinto e calcia. Se tante parole ci sono volute per descrivere tutto questo, basta guardare la traiettoria di quella parabola per capire tutta l’iperbole di questo sport meraviglioso.

Il tiro scoccato da Florenzi poco prima di invadere la metà campo spagnola sale alto nel cielo romano, ma poi inizia inesorabilmente a cadere verso la porta avversaria, fino a spegnere la sua traiettoria nella rete catalana, non prima di aver lasciato anche un bacio al palo. A fatto compiuto è difficile trovare altri vocaboli, a sancire l’impresa resta la faccia attonita dello stesso protagonista, capace di realizzare una rete che, al di là dell’utilità in questa gara, resterà nella storia, vero Arc du trionphe, come la sua traiettoria arcuata,verso la leggenda.

 

 

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