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Rinascimento azzurro

Quando si arriva alla fine di una grande competizione sportiva, si è soliti tracciare un bilancio, valutare i risultati ottenuti, segnare il percorso futuro.

Farlo dopo una vittoria è molto più semplice, naturalmente, ma allo stesso tempo complicato, perché deve offrire una valutazione che sia scevra dall’emotività.

Per valutare la portata della vittoria dell’Italia a Euro 2020, bisogna partire dall’inizio, o meglio, da un inizio che non c’era. La mancata qualificazione al mondiale di Russia 2018 sembrava avesse chiuso un ciclo ma non riaperto un altro, con un calcio nostrano che sembrava ormai incapace di sfornare nemmeno talenti, ma almeno giovani interessanti. Il primo tassello verso la ricostruzione fu l’ingaggio di Roberto Mancini come allenatore: non un tecnico ormai avviato verso la fine della carriera, ma uno nel pieno fulgore della stessa, che in pratica la nazionale l’ha scelta, più che essere scelto, con un’altra importante differenza rispetto al passato: dei precedenti Commissari Tecnici, lui è stato veramente un campione, talmente talentuoso da non fare bene in nazionale, per paradosso, dove occorre costruire gruppi basati sulle certezze. Vittorio Pozzo era un giornalista, Ferruccio Valcareggi un mediano, Enzo Bearzot e Marcello Lippi due difensori.

Proprio la diversità di Mancini è stato il suo punto di partenza, alla ricerca di giovani di talento che lui sapeva esserci anche da noi, solo nascosti e sacrificati sull’altare della tattica e del risultato, fintamente immaturi per essere lanciati nella mischia, quando invece proprio la loro spensieratezza poteva diventare un punto di forza, se ben guidato. Ecco allora affiorare ai massimi livelli Nicolò Zaniolo, e tutti quei giovani che lui non ha esitato a vestire di azzurro, creando in questo modo quasi una squadra di club. C’è un altro merito di Mancini in questo rinascimento azzurro, quello di aver creato un clima positivo intorno alla nazionale. Per la prima volta nella storia, esclusa, forse la vittoria “di regime” del mondiale del 1934, mai intorno alla nostra nazionale c’era stato un clima positivo: nel 1938 rappresentavamo il fascismo ed eravamo osteggiati ad ogni gara; nel 1968 venivamo dal fallimento inglese e dalla Corea del 1966; nel 1982 e nel 2006 c’erano ambienti così polemici intorno agli azzurri che a momenti nemmeno dovevamo partire per le competizioni.

Questa volta no, fin da subito Mancini ha creato un ambiente sereno, un gioco che rispecchiasse quasi la sfrontatezza giovanile, miscelato con la giusta dose di esperienza che avrebbe dato i senatori. Ha creato un gruppo partendo dalle positività e dalle differenze di ognuno, amalgamandolo fino a farlo pensare in un solo modo, tutto teso alla vittoria passo dopo passo. Se analizziamo, lo stesso concetto finale delle esperienze vincenti precedenti, solo raggiunte attraverso altri sentieri: per limitarsi alle ultime due, sia Bearzot sia Lippi seppero fare di tutte le negatività che li circondavano il propellente ideale per superare tutti gli ostacoli.

L’ultimo atto, la finale con gli inglesi in casa loro, nel suo svolgimento è stato il dipanarsi della trama dell’intero film, partendo dal gol quasi a freddo di Luke Shaw, l’apparente impotenza del nostro asfittico attacco contro la loro impenetrabile difesa, a dimostrazione di come si è rovesciato il mondo, il ritorno di prepotenza con il pareggio di Bonucci, il vantaggio sfiorato, i tiri di rigore con l’altalena di emozioni, il rigore decisivo sbagliato da Jorginho, perché il supereroe finale doveva essere Gigio Donnarumma, discutibile quanto si vuole nelle scelte che, non dimentichiamo, restano sempre quelle di un ragazzo, ma indiscutibile sulle sue qualità di portiere, che si affianca con queste sue parate al Francesco Toldo dell’europeo incompiuto del 2000. Un’ultima notazione, per la prima volta nella nostra storia questa vittoria giunge all’inizio e non alla fine di un percorso, ora Mancini avrà tempo per ritoccare ancora meglio il suo meccanismo per arrivare competitivi al vero obiettivo, il mondiale di Qatar dell’anno prossimo, tenendoci stretto questo trofeo che ci riporta, tutti ai vertici del calcio europeo.

 

 

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