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"Hala, Madrid"!

Il Real Madrid vince la Champions League, la sua quattordicesima Coppa dalle Grandi Orecchie. Come ogni impresa del genere, oltre la facciata fatta di lustrini e fuochi d’artificio, di lacrime di gioia e di dediche particolari, questa vittoria si porta dietro le decine e decine di storie dei suoi protagonisti, piccoli e grandi tasselli che, uniti insieme, hanno contribuito a raggiungere il traguardo.

Innanzitutto è stata una vittoria “di famiglia”, e questo non per il facile accostamento “Carlo Ancelotti padre – Davide Ancelotti figlio” che, a prescindere da tutto e da tutte le illazioni, resta una bella storia, ma proprio perché gli Ancelotti, ed è doveroso citarli insieme, sono riusciti a costruire lo spirito della famiglia in tutta la squadra. Con questo sono andati anche oltre il gruppo, che abbiamo imparato a riconoscere soprattutto nelle grandi vittorie azzurre: un gruppo è fatto da un insieme di persone che trovano l’alchimia giusta per le grandi imprese, questa è stata una famiglia nel vero senso della parola, costruita con il passare dei giorni, con “fratelli” più anziani che hanno guidato i più giovani sotto la guida del pater familias, fondendosi in un’unica entità vincente.

Una squadra che ha fatto un percorso incredibile, eliminando sul suo cammino tutte le migliori squadre europee, quelle indicate anche come vincenti nei pronostici iniziali, dal Paris St Germain al Manchester City al Chelsea campione uscente, fino a superare in finale il Liverpool, in pratica tutto il gotha del calcio europeo. Poi vengono le storie dei protagonisti, dalla rivincita di Thibaut Courtois, di gran lunga il migliore in campo con le sue parate, a quella di Daniel Carvajal, difensore spesso criticato in questa stagione, ma capace di sfoderare la partita perfetta in finale; dalla stupefacente longevità di Luka Modric alla vivacità di campioni giovani quali Vinicius Junior, tra l’altro risolutore della gara con la sua rete, e Federico Valverde, autore dell’assist vincente; alla generosità di Karim Benzema, per una volta non in gol ma che con i suoi gol ha portato quasi di peso la sua squadra in finale, che cede la fascia di capitano a Marcelo per alzare il trofeo.

Storie di famiglia, appunto, quella grande famiglia vincente in cui è stata trasformata la squadra da Carletto Ancelotti, ma anche la gloriosa storia di una società eterna, un mito capace di sopravvivere a sé stesso, vincente in serie quando la coppa nacque, sei edizioni tra il 1956 e il 1966, quando tra i mattatori c’era anche quel Francisco Gento che le vinse tutte e sei ed è scomparso proprio quest’anno, ma senza lasciare i trofei a impolverarsi in bacheca, bensì aumentandone il bottino, arricchendolo con altre otto vittorie, con ben cinque successi tra il 2014 e questo del 2022, in due dei quali protagonista sempre Ancelotti, capace quest’anno di abbinarvi anche lo scudetto, che lo ha portato ad essere il primo allenatore nella storia a vincere un campionato nei primi cinque tornei d’Europa, e non solo, ad essere anche il primo allenatore della storia a vincere quattro Coppe dei Campioni.

Un orgoglio italiano figlio della semplicità del personaggio, che ci deve far riflettere, perché evidentemente la nostra scuola tecnica resta di primo livello, ma capace di imporsi solo all’estero e non più in Italia, dove abbiamo dovuto aspettare il ritorno di José Mourinho, per alzare un nuovo trofeo internazionale, la neonata Conference League con la Roma pochi giorni fa. Alla fine, il titolo dell’articolo: banale, forse, ma dopo quanto scritto sopra, il solo possibile: “Hala, Madrid!”.

 

 

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