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Sir Gordon d'Inghilterra

 

Fin dalla assegnazione dei ruoli sul campo di calcio, quello del portiere è risultato subito atipico, diversi e atipici dovevano risultare i suoi interpreti.

La differenza sostanziale era sì quella di poter usare le mani, ma il portiere si è sempre differenziato per impostazione filosofica: mentre gli altri, anche i difensori soprattutto nella moderna concezione del calcio, erano tesi a fare gol, lui era deputato a impedirli.

Era talmente estranea all'idea del gioco propositivo la sua figura  che, inizialmente, prima di diventare intoccabile, il portiere poteva essere caricato anche in possesso di palla, e addirittura scaraventato in porta, vedendosi anche convalidare la rete. Tutta questa atipicità rispetto agli altri ruoli non poteva che essere interpretata da personaggi differenti, spesso istrionici e fuori dagli schemi.

Su tutti finivano sempre per spiccare i più bravi, naturalmente, ogni epoca ha avuto i suoi campioni, mentre gli Anni Sessanta furono caratterizzati dall’altro sovietico Lev Jascin, immediatamente dopo la sua eredità fu raccolta da Gordon Banks, britannico sia per censo sia per lo stile, sconosciuto forse ai più giovani, ma tra i più grandi interpreti nella storia del ruolo.

Mentre spesso chi rivestiva questo ruolo era identificato come “matto”, per la spericolatezza degli interventi e, spesso, per atteggiamenti che il più delle volte confermavano tale fama, Banks ha da subito incarnato il tipo di portieri riflessivo, studioso, teorico del miglior piazzamento, attento a non eseguire mai movimenti superflui, tanto da ispirare, come da lui stesso ammesso, anche il nostro Dino Zoff.

Di origini umili, minatore nella primissima gioventù, fu lunga la sua carriera, dipanata soprattutto tra Leicester e Stoke City, realtà minori e non certo vincenti, tranne quel Leicester miracoloso e campione di alcuni anni fa, eccezione alla regola, ma il nostro la sua eccezionalità ebbe modo di mostrarla nella nazionale dei Tre Leoni. Pur inventori del calcio moderno, troppo chiusi nella loro altera autarchia all’inizio della storia, gli inglesi mai avevano potuto fregiarsi del titolo mondiale.

Il vuoto storico fu colmato nel 1966, quando l’Inghilterra organizzò in casa propria i Campionati del Mondo, vincendo davanti alla Regina grazie alle parate di Banks e al gol fantasma di Hurst nella finale contro la Germania Ovest. Ancor di più, Gordon difendeva i pali della nazionale inglese anche agli Europei del 1968 in Italia, quando gli Azzurri, vincendo, mondarono il peccato della eliminazione coreana subita proprio in Inghilterra, e i Figli di Albiione conquistavano il terzo posto, miglior piazzamento di sempre nella competizione.

Miracoli non riuscì a farne nei club, come detto, Banks, ma miracolosa e storica fu la parata che riuscì a compiere su un colpo di testa di Pelè che smorzò nella gola dei cariocas l’urlo di gioia che già erompeva. “Non potevo crederci, in quel momento ho odiato Banks più di ogni altro calciatore. Ma quando è passata l’ira, ho dovuto applaudirlo con tutto il cuore. Era la più grande parata che io avessi mai visto”. Parole di O’Rey, miglior epitaffio per un eroe che se ne va.

 

 

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