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La fine

È con una azione da consumato frequentatore dei palcoscenici che Sepp Blatter annuncia le sue dimissioni dalla presidenza della Fifa, il massimo organismo sportivo mondiale.

È un coup de theatre assolutamente a sorpresa, se si considera che Blatter è stato votato al soglio presidenziale per la quinta volta solo pochi giorni fa, nonostante lo scandalo che ha coinvolto alcuni massimi dirigenti arrestati per corruzione. Sono dimissioni anche logiche, vista non solo questa ultima situazione che si è creata, ma tutta la nube grigiastra che ha avvolto il suo lungo mandato presidenziale.

 

Il Colonnello Blatter è divenuto presidente nel 1998, succedendo al brasiliano Joao Havelange, dopo essere stato a lungo segretario, conoscendo, quindi, nel minimo dettaglio gli ingranaggi della politica calcistica internazionale. Da sempre la sua figura e le sue azioni hanno destato più di una perplessità e di un dubbio, questa lunga detenzione di potere, trasformatasi  ben presto in dittatura, ha sempre avuto basi ambigue. Come ogni "dittatore" di cui si fa l'esegesi alla caduta, è inevitabile fare un bilancio delle sue azioni: quello che bisogna riconoscergli è di essere riuscito a dare alla Fifa una dimensione veramente ecumenica, portando il calcio negli angoli più reconditi della Terra, facendolo diventare di gran lunga lo sport più diffuso e seguito del pianeta.

 

Il suo problema principale, oltre alla bramosia di potere che ne ha fatto, appunto, un dittatore piuttosto che un monarca illuminato, è stata anche la mania di protagonismo e le idee spesso istrioniche al limite, a volte, del ridicolo. Golden gol, silver gol, retropassaggio al portiere, tripla sanzione, tentativo di allargare le porte sono solo alcune delle idee, in parte veramente bizzarre, partorite dalla sua fervida mente e dalla voglia di volere a tutti costi influire sul calcio giocato, non contentandosi, evidentemente, di farlo su quello gestito. Sempre, con capacità anguillesca, è stato capace di districarsi tra scandali piccoli e grandi che ne hanno interessato la presidenza, quali la compravendita di voti con i paesi calcisticamente di secondo piano, elargendo promesse e cariche a destra e a manca, oppure con assegnazioni dei Mondiali in posti quanto meno sospetti.

 

Passi per Corea e Giappone del 2002 o per Sud Africa 2010, non proprio limpide ma almeno in continenti che era giusto entrassero in quello che era un duopolio tra Europa e Sud America, passi anche per Russia 2018, resta sempre un abominio esclusivamente commerciale Qatar 2022, cui abbiamo speranza possa riuscire a porre rimedio il successore. E, tra le tante, la colpa maggiore che attribuiamo al Colonnello è proprio questa, di avere trasformato un semplice sport in una spaventosa macchina commerciale, sfruttando la passione di miliardi di seguaci e trascurando la centralità  del gioco.

 

Ora, con la minaccia, comunque, di un Blatter che ha promesso di impiegare questo breve periodo di interregno per affrontare in maniera diretta riforme urgenti alla Fifa (non sappiamo come ma, conoscendo il personaggio, temiamo sorprese),  ci si appresta alla successione. Non sarà facile scegliere il nuovo presidente, di sicuro dovrà gestire importanti riforme interne alla Fifa, debellando quella corruzione che i fatti stanno dimostrando incancrenisce il sistema, ma anche riportando il gioco al centro delle attenzioni, proiettando il calcio nella modernità introducendo e regolamentando l'uso, necessario, delle tecnologie, dando soprattutto voce ai calciatori e agli addetti ai lavori, che devono sempre restare il sole intorno a cui deve ruotare la galassia calcio, passando da un sistema "blatterocentrico" ad uno finalmente "calciocentrico".

 

 

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