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Pirati che rubano sogni...

Uno scenario raggelante, un grafico da mettere i brividi: questo suscita quanto visto e letto sul Corriere del Mezzogiorno del 4 settembre scorso (Clan e tifo, ecco la nuova geografia, di Antonio Scolamiero).

È un articolo inchiesta che fa un quadro fosco quanto veritiero della “lottizzazione malavitosa” dello Stadio S. Paolo di Napoli (nel grafico, fonte Corriere del Mezzogiorno), ma scenari simili possono sicuramente essere fatti anche per altri stadi italiani: dall’”Olimpico” di Roma a tanti altri sparsi per la Nazione, pochi sembrano essere esenti. Un articolo sul Corriere della Sera del 6 settembre (“I clan alla conquista delle curve”. L’allarme negli stadi va oltre Roma, di Rinaldo Frignani), infatti, fornisce un quadro sulla generale situazione delle arene calcistiche di tutta Italia e sulla loro “conquista” da parte di svariati clan malavitosi.

È solo la trasposizione di quanto già si sapeva ed è denunciato da tempo, senza che si riesca a mettere un freno a questa calata barbarica in quelli che dovrebbero essere esclusivamente luoghi di sano divertimento. La cosa più avvilente è che, probabilmente, tutto questo con il calcio ha poco o nulla a che vedere: il crimine organizzato semplicemente sfrutta gli stadi perché luoghi di grande assembramento di folle, ma anche perché con il tempo, la connivenza delle società e anche delle Forze dell’Ordine, sono diventati una zona franca in cui qualsiasi malaffare diventa possibile, con la quasi certezza dell’impunità. E con buona pace di tutte quelle persone, e sono la maggioranza, che lì si recano per trascorrere un paio d’ore di sana spensieratezza, cosa che da certezza è diventata quasi utopia.

Vedere quel disegno dello stadio napoletano, proprio di quella Napoli additata ad esempio per la passione calcistica che, in una città martoriata da tanto malessere civile diventa anche occasione di riscatto, vedere quegli spalti che si sono riempiti di folle deliranti quando era Diego Armando Maradona, “dio del calcio”, a calcare quell’erba, vederli divisi tra le varie cosche camorristiche che gestiscono la criminalità partenopea può ingenerare solo una tristezza infinita in tutti coloro che hanno a cuore le sorti di questo sport.

Quegli spalti, insieme a quelli di tutti gli stadi d’Italia, debbono ritornare ad essere il luogo per cui esistono, cattedrali in cui officiare riti pagani, sicuramente, ma innocui, in cui si deve ridere o piangere solo per le gesta dei protagonisti in campo, senza dover temere di trovarsi in mezzo a qualche pericolosa rissa, se non di più, gli spalti non devono mai diventare il “posto sbagliato nel momento sbagliato”.

Soprattutto a Napoli, la comunanza con l’Argentina deve continuare a rimanere solo quella dei vecchi emigranti e di Maradona, ideale trait d’union tra due popoli figli dello stesso ceppo, e non quella con i Barra Bravas che infestano, a loro volta, gli stadi di Buenos Aires e dintorni. È un sacrosanto diritto di tutti gli sportivi, cui le istituzioni devono finalmente dare delle garanzie. Mai più vogliamo vedere, neanche in disegno, uno stadio trasformato in una specie di Isola della Tortuga infestata da pirati pronti a rubarci i nostri sogni…

 

 

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