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La nuova era

Sono bastate due sole tornate elettorali per portare Gianni Infantino al soglio più alto dell'impero calcistico, quello di presidente della Fifa, la federazione mondiale.

E già questa è una notizia, vista l'incertezza che regnava sulla votazione, anche se, nonostante cinque candidati, lo stesso Infantino, lo sceicco del Bahrein Salman Al Khalifa, il principe di Giordania Ali Bin Al Hussein, il francese Jerome Champagne e il sudafricano Mosima Sexwale, era chiaro che il posto era in ballottaggio tra i primi due, come poi è stato, con la vittoria dello svizzero.

 

È una vittoria che porta un dirigente dell'Uefa, il massimo organismo calcistico europeo, alla presidenza Fifa, interpretabile forse come una voglia di sicurezza che in questo momento probabilmente solo il Vecchio Continente può garantire. Tutti conoscono le problematiche traumatiche che hanno portato a questa elezione, ponendo fine al regno di Sepp Blatter: come insegna la Storia, il potere detenuto troppo a lungo, in qualsiasi ambito, finisce per trasformarsi in dittatura e delirio di onnipotenza.

 

È quello che è accaduto a sovrani e papi inizialmente illuminati e poi despoti, infine vittime di se stessi, è stato il destino del colonnello svizzero, messo alla porta dall'indagine dell'Fbi americana che ha portato anche all'arresto di numerosi membri della Fifa stessa. Tutto questo ha creato quell'incertezza, oltre al vuoto di potere, che ha portato i presidenti delle varie federazioni a optare per il navigato Infantino, già segretario dell'Uefa e perciò avvezzo a stare nelle stanze dei bottoni del mondo calcistico.

 

Cosa ci dobbiamo aspettare, ora, dal nuovo presidente e dal suo nuovo corso? Innanzitutto stabilità e trasparenza, una più oculata gestione dei fondi che porti a reali investimenti nel nome del calcio anche nei paesi meno abbienti, e non che essi siano merce di scambio. Resta il nodo più contorto da risolvere, quello dell'assegnazione dei Mondiali, apparso con troppa evidenza il piatto forte da vendere da parte di Blatter: quello che si auspica è che i prossimi scenari della più importante manifestazione calcistica mondiale vengano scelti con reali criteri concorrenziale, e non facendo volare mazzette di tasca in tasca.

 

A quello che, speriamo, non sia solo un cambiamento di facciata, abbiamo un altro paio di cose da chiedere: che non trasformi i Mondiali in un circo solo per fare soldi (il paventato allargamento a quaranta squadre ci sembra francamente un abominio); che il nuovo presidente non si innamori del potere rispettando il limite di tre mandati presidenziali e rendendo efficace ed effettiva quella trasparenza sui movimenti di danaro approvate poco prima della sua elezione a nono presidente della Fifa che dovrebbero porlo al riparo dal diventare egli stesso un dittatore. Lo chiediamo con l'orgoglio, infine, di avere alla guida della Fifa uno svizzero, sì,  ma di origini italiane. 

 

 

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